Al via un ambizioso progetto sul monitoraggio delle migrazioni degli ungulati a livello mondiale, appoggiato dalle Nazioni unite, supportato da 92 scienziati da tutto il mondo e fortemente promosso dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Tn). La disponibilità di un atlante mondiale delle migrazioni consentirà agli scienziati di conoscere le aree di transito degli ungulati e di lavorare, di conseguenza, all’apertura di “corridoi verdi”, ossia di strutture atte a consentire agli animali di attraversare in sicurezza le grandi vie di comunicazione che mettono a rischio i loro spostamenti. Il progetto ha ottenuto la partnership ufficiale della Convenzione per la conservazione delle specie migratorie e della fauna (Cms) delle Nazioni unite e recentemente anche la rivista Science ha pubblicato un articolo sull’argomento.
Gli ungulati che affrontano lunghe migrazioni sono molti, dalle gazzelle di Thompson e gli gnu in Africa, alle renne e ai caribou nell’Artico, ma anche il cervo rosso sulle Alpi è capace di spostamenti di molte decine di chilometri in pochi giorni, spesso resi impossibili dagli ambienti frammentati dalla presenza di strade e costruzioni antropiche.
«Durante la riunione nel 2019 in FEM abbiamo formalizzato l’idea e pensato di organizzare una conferenza a cui invitare gli studiosi di tutto il mondo su questo tema», ha commentato la dottoressa Francesca Cagnacci del centro ricerca e innovazione della Fondazione Edmund Mach. Gli scienziati hanno sviluppato anche una struttura digitale per ricevere, elaborare e pubblicare i dati di spostamento degli ungulati ottenuti da collari Gps o attraverso le conoscenze di esperti locali. “Ci siamo anche confrontati sulla motivazione centrale della nostra iniziativa» ha commentato il professor Matt Kauffman dell’Università del Wyoming, coordinatore dell’iniziativa, «vale a dire il rischio che le migrazioni degli ungulati scompaiano a causa dell’impatto umano».
«Senza migrazioni di ungulati» puntualizza Cagnacci, «molti servizi ecosistemici verrebbero compromessi e ci si può attendere un crollo della biodiversità ad essi legata a diversi livelli di complessità, dal microbiota, ai grandi carnivori, fino all’interazione con i domestici».