I tribunali tedeschi hanno emesso una condanna ai danni di animalisti che, nel 2018, avevano insultato una cacciatrice per la sua passione. Fidc chiede un aggiornamento normativo per tutelare anche i cacciatori italiani
In Germania i social media non rappresentano più un “vuoto legale” in cui sedicenti animalisti ed ecologisti possono agire liberamente ai danni di cacciatori e cacciatrici. È di pochi giorni fa, infatti, la notizia di una sentenza di un tribunale tedesco che ha dato ragione a una cacciatrice insultata e minacciata sui social per aver postato, nel 2018, una foto scattata durante una battuta di caccia alla volpe. La cacciatrice, che sui social utilizza lo pseudonimo di Waidfräulein, letteralmente “ragazza della natura”, aveva ricevuto oltre 2.000 commenti contenenti insulti della peggior specie, per lo più da utenti anonimi. Per risalire agli indirizzi Ip e all’identità degli utenti è stato necessario fare ricorso all’ufficio del pubblico ministero di Dublino, in quanto la sede europea di Facebook si trova in Irlanda e solo i tribunali irlandesi hanno l’autorità di indagare sugli utenti del social network. Dopo due anni di battaglie processuali la cacciatrice ha ottenuto soddisfazione, con numerose condanne ai danni dei “commentatori d’odio”, sia di natura amministrativa sia penale.
La condanna è stata possibile anche grazie a una legge approvata dal Bundestag lo scorso giugno, che ha previsto un inasprimento delle pene per gli insulti sui social, con una pena massima che prevede la reclusione fino a due anni. Federcaccia, tenuto conto dei continui e ripetuti attacchi mediatici a cacciatori e cacciatrici sui social, sta preparando una proposta di legge ad hoc, volta a tutelare chi viene insultato o minacciato per aver praticato attività consentite dalla legge. Fino a oggi, di fatto, i social hanno rappresentato un vero e proprio vuoto legislativo, dove era il solo gestore a decidere quali commenti fossero legittimi e quali violassero la normativa della piattaforma, mentre questa sentenza rappresenta un precedente importante, per il mondo venatorio e non solo.
«Ottenere la tutela di pensiero e di azione, nei limiti consentiti dalla legge» ha dichiarato il presidente nazionale di Federcaccia Massimo Buconi «non è una rivendicazione corporativa, ma una vera e propria battaglia per la libertà nella quale intendiamo impegnarci con forza. Non è più tollerabile il clima di odio che si è creato e si sta diffondendo in modo allarmante attorno alla caccia e, in tono per ora minore ma sempre più virulento, ad altre attività tradizionali tipiche della ruralità senza che nessuno sembri prestare attenzione o non possa agire per la mancanza di strumenti legali specifici. Ci aspettiamo di trovare su questo tema nei parlamentari di tutti gli schieramenti e nell’opinione pubblica non ideologizzata la stessa sensibilità e attenzione che si è giustamente manifestata di fronte ad altre forme di discriminazione. È il momento di fare qualcosa e farla subito. E Federcaccia lo sta facendo”».