Il dubbio è di Federfauna, che in un comunicato osserva: “In Italia si può essere condannati a soli 6 mesi per omicidio colposo, a un anno per la detenzione incompatibile con la natura di un cane. Con le ultime modifiche apportate dal Parlamento al codice penale, la pena minima per chi maltratta un cane è pari a quella per chi “maltratta” un uomo. Il nuovo articolo 544-ter (Maltrattamento di animali), infatti, prevede la reclusione da tre a diciotto mesi o la multa da 5.000 a 30.000 euro, mentre per gli esseri umani, l’articolo 582 (lesione personale) prevede la reclusione da tre mesi a tre anni. Ma ciò appare quasi insignificante se analizzando le pene previste per condotte non dolose, ci si accorge addirittura di un divario a tutto vantaggio del cane. Mentre per l’uomo l’articolo 590 (Lesioni personali colpose) prevede la reclusione fino a tre mesi o la multa fino a euro 309, da 1 a 6 mesi se la lesione per l’uomo è grave; per il cane l’articolo 727 (Abbandono di animali), applicato anche a chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, prevede l’arresto fino a un anno o l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Chiaro? Non solo la pena per una contravvenzione (art. 727) è più alta di quella per un delitto (art. 590), contrariamente al senso comune e alla tradizione giuridica che associano la maggiore gravità degli illeciti proprio ai delitti, ma “fino a tre mesi, massimo 6 se la lesione è grave” per un uomo e “fino a un anno” per un cane. La maggiore o minore gravità dell’illecito e la relativa più o meno severa risposta sanzionatoria dell’ordinamento, devono essere stabilite dal legislatore in base alla tutela che la Costituzione riserva ai beni giuridici, di volta in volta tutelati dalle norme codicistiche (teoria costituzionale del reato): la vita e l’incolumità fisica dell’uomo sono tutelate dalla Costituzione, quelle del cane no! A confermare l’ipotesi avanzata da FederFauna, che per mezzo della recente ratifica della Convenzione di Strasburgo sugli animali da compagnia, fosse in corso un tentativo di equiparare le condotte colpose a quelle dolose, ci pensa GeaPress, l’agenzia animalista creata da due donne riconducibili alla Lav – lega anti vivisezione. L’agenzia infatti, in due recenti comunicati lamenta che “Per contestare il maltrattamento di animali (art. 544/ter) occorre accertare la volontà di… maltrattare. In altri termini occorre il dolo” e che “Se io, in altri termini, produco sofferenza per distrazione mi dovrò subire (per modo di dire) solo l’acqua fresca dello stravolto articolo 727 del Codice Penale”. “Acqua fresca” che, come anzidetto, comporta l’arresto fino a un anno o l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Ma gli animalisti non si limitano a questo, vanno oltre e scrivono addirittura: “Provate a pensare se per l’uomo non esistesse la previsione di omicidio colposo. Giustamente ci indigneremmo tutti”. Forse però, prima di scrivere, farebbero bene a leggersi il Codice, che per l’omicidio, in caso di dolo prevede la reclusione non inferiore ad anni ventuno e in caso di colpa da sei mesi a cinque anni. Forse si accorgerebbero che, grazie a loro e alla loro ideologia, in Italia causare involontariamente sofferenze a un cane (art. 727) potrebbe comportare una pena più alta che uccidere involontariamente un uomo (art. 589): in altre parole in Italia si può essere condannati a soli 6 mesi per omicidio colposo, a un anno per la detenzione incompatibile con la natura di un cane”.
Paese “animal friendly” o talebano?
Il dubbio è di Federfauna, che in un comunicato osserva: “In Italia si può essere condannati a soli 6 mesi per omicidio colposo, a un anno per la detenzione incompatibile con la natura di un cane. Con le ultime modifiche apportate dal Parlamento al codice penale, la pena minima per chi maltratta un cane è pari a quella per chi “maltratta” un uomo