Dopo la sentenza del Tar del Lazio che, con ordinanza n. 05447 del 5 settembre scorso, ha cassato la circolare esplicativa emanata lo scorso febbraio dai ministeri di Agricoltura e Ambiente, volta a risolvere i problemi di interpretazione del regolamento sul bando del piombo per l’attività venatoria nelle zone umide, tra i cacciatori italiani si è scatenato un vero e proprio putiferio. Sui social, ma anche nei comunicati di associazioni venatorie, Atc e Cac, è evidente una certa confusione sull’argomento e, soprattutto, su quelli che sono i comportamenti che i cacciatori sono chiamati ad adottare in vista dell’imminente apertura della stagione venatoria. Ma cerchiamo, per quanto possibile, di fare un po’ di chiarezza sull’argomento.
Vale il regolamento europeo
Dal momento in cui il Tar ha considerato nulla la circolare esplicativa emanata dai ministri Lollobrigida e Pichetto Fratin, considerandola un atto “notoriamente inidoneo” a incidere su un regolamento sovranazionale, a fare fede, attualmente, sono le disposizioni previste dal regolamento stesso, in vigore a partire dal 15 febbraio 2023 in tutti gli Stati comunitari. Questo perché, trattandosi di un regolamento e non di una direttiva, non è previsto, come qualcuno sta affermando in questi giorni, alcun recepimento da parte dei governi nazionali: il regolamento entra in vigore così com’è ed è già pienamente operativo. Valgono, dunque, i limiti imposti dal regolamento votato dalla Commissione europea, che prevede il divieto assoluto di impiego e di porto (il termine utilizzato in inglese è “carry”, letteralmente “portare sulla propria persona”) di munizioni per fucile a canna liscia contenenti una percentuale di piombo superiore all’1% all’interno e nel raggio di 100 metri dai limiti di una zona umida. La definizione di zona umida è piuttosto puntuale e comprende “zone di palude, acquitrino, torbiera o acqua, sia naturale sia artificiale, permanente o temporanea, con acqua ferma o corrente, dolce, salmastra o salata, incluse le aree di acqua marina dove la profondità con la bassa marea non sia superiore ai 6 metri”. Il divieto è inteso per chi stia cacciando nella zona umida e per chi la stia attraversando per cacciare altrove. Il legislatore ha tenuto a specificare che, affinché si configuri l’illecito, il cacciatore deve portare le cartucce sulla propria persona (non necessariamente caricate nel fucile) e che il semplice trasporto in automobile non costituisce illecito anche qualora si transiti per una zona umida. Il divieto di porto delle cartucce, ovviamente, vale anche per eventuali accompagnatori non cacciatori. Il regolamento, invece, esclude totalmente le armi a canna rigata, che potranno essere ancora impiegate anche con munizioni tradizionali in piombo, mentre il divieto riguarda tutte le munizioni per fucile a canna liscia, comprese quelle a palla singola per la caccia al cinghiale.
Le richieste del mondo venatorio
Le associazioni venatorie riconosciute, riunite nella cabina di regia, hanno già chiesto al governo di attivarsi per approvare un atto avente forza di legge (non più una semplice circolare applicativa) per ridurre gli effetti del regolamento. Tuttavia occorre precisare che la maggior parte dei Paesi europei ha accolto il regolamento senza modifiche e che una legge dello Stato in contrasto con la norma comunitaria innescherebbe con ogni probabilità l’apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea. Le associazioni hanno chiesto anche una “mappatura” delle zone umide, ma anche in questo caso non è facile prevedere quelli che saranno gli sviluppi, visto che la definizione di zone umide prevede anche quelle “temporanee” che per propria natura non possono essere mappate.
Cosa si rischia?
In realtà, su questo punto non c’è ancora grande chiarezza, né per i cacciatori né, tanto meno, per il personale di vigilanza venatoria. Fino a quando non interverrà un chiarimento da parte dei ministeri competenti, è da consigliarsi un approccio il più possibile prudenziale. Il divieto di impiegare munizioni in piombo entro i confini delle zone umide, infatti, potrebbe portare a considerare tale tipo di munizionamento come “mezzo di caccia non consentito”, soprattutto stando a quanto previsto dall’articolo 13 della legge 157/1992, che, al comma 5, stabilisce che “sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l’esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo”. La pena che si rischia è quella stabilita dall’articolo 30 della medesima legge, che, alla lettera h del comma 1, stabilisce “l’ammenda fino a lire 3.000.000” per chi “esercita la caccia con mezzi vietati”, configurandolo, dunque, come un illecito di natura penale, con tutto ciò che ne consegue per un titolare di licenza di porto di fucile.
Come comportarsi?
Fino a quando non vi saranno ulteriori chiarimenti, l’unico consiglio utile è quello di attenersi il più rigorosamente possibile al regolamento europeo. Se si caccia in luoghi dove è presente acqua (comprese risaie, fossi, canali, laghi, acquitrini, fiumi) è bene portare con sé soltanto cartucce senza piombo, avendo cura di verificare che il fucile utilizzato sia dotato delle caratteristiche tecniche che consentano l’impiego di tali cartucce in assoluta sicurezza.