Polemica aperta nel Trevigiano, sulla caccia di selezione ai cervi: su una consistenza numerica stimata nell’area di 3 mila esemplari e un progetto teorico di 400 abbattimenti, c’è ovviamente chi grida allo “sterminio”. Sta di fatto che, in realtà, gli abbattimenti non sono neppure cominciati, come conferma Ezio Casagrande, presidente della riserva di Vittorio Veneto: “Dal primo gennaio non è iniziato un bel niente, né la Regione né la Provincia ci hanno inviato il piano di abbattimento, quindi i nostri cacciatori di selezione sono rimasti a casa”. Casagrande non concorda neppure con il piano di cattura predisposto da Veneto Agricoltura: “Non serve a nulla”, spiega, “tre mesi non sono sufficienti per abbattere 400 cervi”.
Veneto Agricoltura aveva annunciato, attraverso due recenti vertici in Cansiglio, insieme alle Province di Belluno e Treviso e alla Regione Friuli che il piano relativo alla riduzione di 1.500 capi, in tre anni, della popolazione dei cervi, sarebbe scattato il primo giorno dell’anno per concludersi il 15 marzo. L’abbattimento sarebbe stato opera delle riserve di caccia, ma pare che nessuno sia ancora stato informato su come condurre le operazioni.
“Mi risulta che nessuna riserva sia stata informata nei dettagli di questa operazione”, puntualizza Casagrande, “e che per i 40 capi da cacciare all’interno del Demanio regionale interverrà la sola Provincia di Belluno, con le sue guardie, perché altri non vogliono fare questo lavoro”. Un lavoro sporco? “Sì, perché sarà soggetto a critiche da parte di animalisti e ambientalisti e so che la Forestale dello Stato ha declinato l’invito della Regione”.
Il presidente della riserva di Vittorio Veneto se la prende anche con gli allevatori del Cansiglio che da tempo e a gran voce si lamentano dei danni provocati dai cervi e ne chiedono l’eliminazione di un numero considerevole.
“Chiedono risarcimenti esorbitanti dei danni e hanno chiuso le proprietà con recinti di un metro e 80 centimetri. Questi cervi li vogliono tutti ammazzati?”.
Risponde per le rime il presidente del sindacato Anpa Paolo Casagrande. “I danni ci sono. E sono ingenti. Più di 60-70 mila euro l’anno, sia per il foraggio, sia per le piante distrutte, sia per i recinti danneggiati”.
Casagrande conclude osservando che i tempi della caccia saranno “lunghi, anzi lunghissimi, perché questi signori non sanno che va cambiata la normativa per poter procedere a una caccia di questo tipo”.