Il prossimo 3 giugno, gli elettori piemontesi potranno esprimere il loro parere sulla caccia, dopo che la Giunta regionale ha approvato un Decreto che, in ottemperanza a quanto imposto prima da una sentenza definitiva della Corte d'Appello di Torino del 29 gennaio 2010 e poi da una recente sentenza del Tar Piemonte del 25 gennaio 2012, che ha intimato alla Regione di fissare la data del referendum, dà l'avvio alle procedure di indizione della consultazione popolare.
Il quesito prevede il divieto di caccia per 25 specie selvatiche (17 specie di uccelli e 8 specie di mammiferi), il divieto di caccia generalizzato su terreno innevato, l'abolizione delle deroghe per le aziende faunistiche private ai limiti degli abbattimenti e il divieto di caccia la domenica. Il quesito referendario non è abrogativo dell'attività venatoria, imporrà comunque un ridimensionamento drastico di questa.
Intanto, però, prima ancora di sapere il risultato, il referendum fa già discutere: il comitato promotore aveva chiesto che il referendum venisse accorpato alle prossime elezioni amministrative, che si svolgeranno in numerosi comuni del Piemonte il prossimo 6 maggio, facendo risparmiare risorse pubbliche; la Giunta regionale, adducendo problemi di carattere tecnico, ha deciso di spendere oltre 20 milioni di euro per organizzare il referendum separatamente. “Una decisione davvero insensata”, per le associazioni Italia Nostra, Lac, Lav, Legambiente, Lipu, Pronatura e Wwf, promotrici del referendum, “che ha un suo chiaro perché: l'obiettivo del fronte venatorio è di rendere nulli gli effetti del referendum, a seguito del mancato raggiungimento del quorum dei votanti. Tale ipotesi rappresenterebbe però una sconfitta non tanto e non solo del fronte ambientalista e animalista”, spiegano Piero Belletti e Roberto Piana del comitato promotore del referendum in una nota, “quanto soprattutto della democrazia e della partecipazione".
Nel frattempo, le associazioni ambientaliste continuano a “consigliare” alla Regione di provvedere con legge ad allinearsi ai contenuti del referendum, allo scopo di risparmiare i soldi per la consultazione pubblica. E risparmiando, così, l’eventuale figuraccia nel caso in cui non si raggiungesse il quorum…