Nel Comprensorio Prealpi bergamasche, grazie alla lungimiranza di Regione Lombardia, in stretta collaborazione con i cacciatori di selezione al cinghiale, si è potuta praticare la caccia di selezione sul cinghiale, che ha dimostrato una formidabile efficacia sul contenimento dei cinghiali, passando in 4 anni da 15 capi a oltre 1.300 annui.
Determinanti sono state alcune norme regionali ad hoc: l’estensione del calendario a tutto l’anno, l’adozione dei visori notturni, utilizzati in più dell’80% dei prelievi, e la dedizione di un numero crescente di cacciatori esperti.
La forma di caccia è complementare alla braccata che mantiene, mediamente, gli stessi abbattimenti annuali nonostante la selezione quest’anno l’abbia superata in numero di capi abbattuti.
I risultati sono tali che già si parla di “Modello Bergamo”, al quale stanno dimostrando interesse altre provincie lombarde, che si trovano ad affrontare analoga emergenza cinghiali. Per la prima volta vi è un patto di ferro e la totale condivisione d’intenti tra cacciatori e agricoltori e allevatori che sdogana finalmente l’immagine del cacciatore agli occhi del mondo civile.
Purtroppo, l’atteggiamento miope e preconcetto di coloro che nel Comprensorio Alpino si pongono a difesa della braccata, rivalità che non ha alcun senso di esistere in un contesto come quello attuale, sta ostacolando non poco la crescita del Modello Bergamo. È risaputo che il cinghiale provoca imponenti danni al settore agricolo e all’ambiente e, a causa della Peste suina africana (Psa), minaccia la miliardaria filiera agroalimentare lombarda legata all’allevamento dei suini. Va ricordato che dove si rinviene una carcassa infetta da Psa, il protocollo normativo di emergenza prevede la chiusura di ogni attività umana nel raggio di 10 Km cioè chiusura di tutte le forme di caccia nonché raccolta funghi, tartufi , legna eccetera.