Le temperature record che hanno caratterizzato i mesi estivi, l’estrema scarsità di precipitazioni e i numerosi incendi che hanno colpito alcune regioni d’Italia hanno spinto Ispra a diramare una nota, in cui si chiede alle regioni di valutare alcune restrizioni all’attività venatoria, per evitare di gravare ulteriormente la salute della popolazione di determinate specie.
In sostanza, Ispra chiede l’interruzione dell’attività di addestramento cani (peraltro praticamente conclusa) e il divieto della caccia d’appostamento fino alla risoluzione del problema, soprattutto per quanto riguarda la preapertura. Per quanto riguarda la caccia agli uccelli acquatici, in particolare, Ispra ha richiesto il rinvio della stagione di caccia all’inizio di ottobre, mentre per quanto riguarda la selvaggina stanziale, pur non richiedendo precisi divieti, l’Istituto ha segnalato la possibilità di vanificare le operazioni di ripopolamento nei luoghi particolarmente colpiti dall’emergenza siccità.
Ispra, inoltre, ha chiesto di introdurre ulteriori limitazioni per tutelare le aree interessate da incendio, vietando la caccia non solo sui terreni direttamente interessati (sui quali vige un divieto di esercizio dell’attività venatoria per 10 anni, ai sensi della legge 353/2000), ma anche per le fasce contigue, di estensione variabile a seconda della natura del territorio e della gravità dei fenomeni.
«La nota del 9 settembre 2021 dell’Ispra», ha commentato in una nota l’ufficio Studi e ricerche di Federcaccia, «inviata a tutte le Regioni in tema di siccità, incendi e tutela della fauna selvatica potrebbe apparire persino ragionevole dopo un’estate caratterizzata da temperature medie certamente tra le più elevate degli ultimi anni e da una carenza di precipitazioni in varie regioni». Di contro, però, l’ufficio Studi e ricerche fa notare anche «l’assoluta mancanza di casi documentati, di parametri demografici, di indicatori o di altri dati biologici oggettivamente comprovati e valutabili dagli interlocutori di riferimento». Nella nota di Ispra, infatti, si legge che si è determinata una «condizione di pregiudizio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale che rischia di indurre effetti negativi nel breve e nel medio periodo sulla dinamica di popolazione di molte specie», ma allo stesso tempo l’Istituto ammette che la richiesta rivolta alle Regioni viene avanzata «pur non essendo disponibili ad oggi stime attendibili dei danni arrecati al patrimonio ambientale e, in particolare, alla fauna selvatica».
Massimo Buconi, presidente nazionale Fidc, ha commentato la richiesta di Ispra evidenziando che l’Istituto, pur chiedendo limitazioni per porre rimedio a tali situazioni, non si impegnerebbe a svolgere «l’altra parte del suo mandato, quella più importante, cioè dare indicazioni per prevenirle e se possibile risolverle». «Non sono i cacciatori che appiccano gli incendi», ha aggiunto Buconi, «anzi hanno dimostrato anche in questa triste stagione ancora una volta essere una componente essenziale nel loro spegnimento e prevenzione, ma la quasi impossibilità di gestire i boschi e le aree naturali per tutta una serie di vincoli, lacci e divieti che li trasformano in bombe pronte a esplodere per mano dei piromani».