C’e’ sostanziale consenso, scaturito da un ampio confronto, sulla proposta di Piano faunistico adottato dalla Giunta regionale dell’Umbria e portato in partecipazione dalla terza Commissione consiliare. Dall’audizione pubblica, che prelude al completamento dell’istruttoria e al successivo invio del documento al voto del Consiglio, e’ emersa unità di vedute sui temi della caccia e attività connesse, da quelle agricole, all’allevamento intensivo della selvaggina,…
C’e’ sostanziale consenso, scaturito da un ampio confronto, sulla proposta di
Piano faunistico adottato dalla Giunta regionale dell’Umbria e portato in
partecipazione dalla terza Commissione consiliare. Dall’audizione pubblica, che
prelude al completamento dell’istruttoria e al successivo invio del documento
al voto del Consiglio, e’ emersa unità di vedute sui temi della caccia e
attività connesse, da quelle agricole, all’allevamento intensivo della
selvaggina, al mantenimento dell’habitat, fino alle specie critiche come i
cinghiali sempre piu’ numerosi e pericolosi, trattati nel documento di 73
pagine suddiviso in 9 capitoli, che per la prima volta fissa in 613.000 km
quadrati, al netto da aree urbane o edificate, la superficie
agro-silvo-pastorale dell’Umbria. Molti gli interventi sui contenuti del nuovo
Piano faunistico che di fatto propone, a distanza di 13 anni dal precedente,
una sorta di piano regolatore del settore venatorio. Il rappresentante del Wwf
umbro ha osservato che “il Piano presenta un’evidente contraddizione quando
afferma che il proliferare dei cinghiali, non autoctoni, e’ da imputare ai
cacciatori, ma a loro stessi viene affidato sia l’abbattimento programmato che
il pagamento dei danni provocati all’agricoltura. Sarebbe meglio riaffidare il
compito alla istituzione preposta, la Provincia”. Ha chiesto di prevedere piu’
spazi per le attivita’ legate ai cani la Fidasc che ha sollecitato
l’individuazione di “aree specifiche per attivita’ cinofile e per addestrare i
cani, senza abbattimento della selvaggina, nei periodi di chiusura della
caccia, essendo in crescita l’interesse per la cinofilia, anche fra i giovani”.
Per l’Associazione ornitologica umbra “il Piano deve aggiornare l’elenco della
selvaggina autoctona da poter detenere reinserendo specie come frosone,
ciuffolotto e crociero, inspiegabilmente cancellati”. Il rappresentante del
Club della Palomba ha proposto, tra l’altro, di “verificare se e’ realmente
rispettata la quota del 60 per cento dei 613mila ettari individuati prevista
dalla legge nazionale”. Ha invece sollevato problemi di natura ambientale un
allevatore di selvaggina “l’eccessiva illuminazione artificiale di strade e
citta’ – ha detto – sta anticipando il risveglio sessuale dell’avifauna con
nidiate che ormai nascono in pieno inverno; sono, inoltre, utili strumenti
tecnici che il Piano proibisce ma che di fatto servono ad impedire casi di
cannibalismo evidenti anche nei primi giorni di vita”.