Sono ormai più di 10 anni che si dibatte sulla crescente pericolosità delle armi clandestine realizzate, in particolare negli Stati Uniti, con la tecnologia delle stampanti 3D: strumenti che sono alla portata di qualsiasi cittadino e che possono consentire di realizzare a casa vere e proprie armi funzionanti, anche se in molti casi si tratta di oggetti molto rudimentali e di ben poca utilità pratica. Ben diverso è il caso della nuova tendenza che sta emergendo tra le gang delle città yankee, cioè quella di stampare in 3D i dispositivi (cosiddetti auto-sear) che consentono di trasformare a raffica i più diffusi modelli di pistole e carabine, a partire dalle Glock.
Venerdì scorso il direttore del Bureau of alcohol, tobacco and firearsm, Steven Dettelback e il vice procuratore generale Lisa Monaco hanno annunciato nuove iniziative per contrastare la proliferazione di questi dispositivi: innanzi tutto attraverso l’intensificazione delle attività di indagine volte a identificare e incriminare i produttori di questi dispositivi (per i quali sembra si stia sviluppando un fiorente mercato illegale tra coloro i quali hanno le stampanti 3D e sono capaci di usarle e coloro i quali hanno invece le armi da trasformare in full-auto), ma l’intento è anche quello di cercare di coinvolgere le aziende che producono le stampanti in 3D, per capire se sia in qualche modo possibile arginare l’impiego illegale di questi prodotti.
“Non possiamo risolvere da soli questa minaccia alla sicurezza pubblica. Dobbiamo sensibilizzare, educare il pubblico e dobbiamo arruolare un aiuto esterno con la collaborazione delle menti migliori per fare dei veri progressi”, ha dichiarato Dettelbach, che ha aggiunto: “questi dispositivi rappresentano ormai la maggior parte delle armi illegali sequestrate in casi di traffico di armi da fuoco in tutto il Paese”.
Le associazioni contro la proliferazione delle armi negli Stati Uniti hanno accolto con favore l’annuncio, evidenziando come anche in un altro settore, cioè quello della contraffazione delle banconote, le aziende produttrici delle stampanti (non 3D) avevano cooperato per impedire l’impiego dei loro prodotti nella realizzazione dei soldi falsi. In questo caso, tuttavia, si parla della realizzazione di componenti del tutto anonime che poi, solo una volta assemblate, assumono la loro reale funzione, quindi è ben difficile che i produttori delle stampanti 3D possano in qualche modo contrastare un eventuale impiego dei loro prodotti per questo specifico uso.