Vicenda paradossale avvenuta in Trentino: un cittadino denuncia di essere vittima di stalking e per tutta risposta gli sequestrano le armi!
Continuano i paradossi della giustizia amministrativa in materia di armi: uno dei più pittoreschi è stato reso noto dal quotidiano L'Adige, pochi giorni fa: un cittadino perseguitato dall'amante con continue molestie telefoniche, si rivolge all'autorità per chiedere un provvedimento interdittivo nei confronti della donna, ma per tutta risposta riceve la notifica del divieto di detenzione di armi e munizioni regolarmente detenute, con contestuale sequestro cautelare! A far scattare la molla del provvedimento dell'autorità, forse la considerazione avanzata dal malcapitato nella sua richiesta di aiuto, che il proseguire di quelle continue molestie lo avrebbe potuto, alla fine, far reagire "male".
Il cittadino ricorre al Tar contro il provvedimento, lamentando tramite il suo legale "un palese travisamento dei fatti e una non ponderata valutazione logico-discrezionale, perché egli si è deciso a richiedere l'adozione di un provvedimento di ammonimento, in modo da ottenere dalle istituzioni una tutela effettiva a fronte delle condotte della ex amante, ed ora – pur essendo vittima di tali condotte – risulta destinatario di un provvedimento inibitorio che ingiustificatamente comprime i suoi diritti di libertà, di difesa e di propiretà, riconosciuti e garantiti dagli articoli 13, 24 e 42 della Costituzione, perché non vi sono in atti elementi tali da far ritenere che egli possa aver solo ipotizzato di farsi giustizia da sé e dal certificato del casellario giudiziale non risultano precedenti penali, né carichi pendenti». Il Tar, però, ha confermato il provvedimento dell'autorità di Ps, con la seguente motivazione: "il giudizio sulla non completa affidabilità del soggetto che detiene armi e munizioni non presuppone necessariamente la commissione di reati, o manifestazioni esteriori di aggressività, o la vicinanza ad ambienti della criminalità organizzata, ben potendo tale giudizio fondarsi su situazioni personali che denotino scarso equilibrio. Il giudizio alla base del provvedimento non è un giudizio di pericolosità sociale dell'interessato, bensì un giudizio prognostico sull'affidabilità dello stesso e sull'assenza di rischio di un non corretto uso delle armi, e il successivo vaglio giurisdizionale è finalizzato solo ad accertare che le valutazioni dell'autorità di pubblica sicurezza non siano irrazionali o arbitrarie".
Be', aggiungiamo noi, se vogliamo parlare di razionalità, qualcuno dovrebbe forse spiegarci come sia possibile ritenere logico che a un cittadino che chiede l'aiuto dell'autorità, quindi attua proprio il comportamento opposto al tanto sbandierato "farsi giustizia da sé", si tolgano le armi per evitare che "si faccia giustizia da sé". Un provvedimento di questo tipo costituisce un precedente molto pericoloso a nostro avviso, perché a questo punto potrebbe far ritenere ai legittimi detentori di armi che il possesso delle armi medesime, per la pubblica autorità risulti in qualche modo alternativo rispetto a una piena tutela dei propri diritti. Il che, francamente, è assurdo.