Pecoraro Scanio “salvatore” dei caprioli
È arrivata fino a Roma la vicenda dei piani di abbattimento dei caprioli in Piemonte. A garantire per un interessamento diretto del governo guidato da Romano Prodi è stato Alfonso Pecoraro Scanio. Rispondendo al question time di ieri alla Camera, il ministro dell’Ambiente ha promesso: «Salveremo dalla strage i caprioli piemontesi». Ma non sembra finita qui, perché da stime elaborate dalle associazioni ambientaliste (loro non vanno in vacanza neppure in agosto, a diff…
È arrivata fino a Roma la vicenda dei piani di abbattimento dei caprioli in
Piemonte. A garantire per un interessamento diretto del governo guidato da
Romano Prodi è stato Alfonso Pecoraro Scanio. Rispondendo al question time di
ieri alla Camera, il ministro dell’Ambiente ha promesso: «Salveremo dalla
strage i caprioli piemontesi». Ma non sembra finita qui, perché da stime
elaborate dalle associazioni ambientaliste (loro non vanno in vacanza neppure
in agosto, a differenza delle associazioni che rappresentano il mondo armiero)
sarebbero intorno ai 50.000 esemplari i caprioli da abbattere in Italia, a cui
devono essere aggiunti anche daini, cinghiali e cervi. «Per adesso affrontiamo
un caso alla volta», ha tenuto a precisare il ministro. «I nostri uffici si
sono messi in contatto con i parchi appenninici per trovare posto agli animali
del Piemonte. Poi penseremo a come evitare l’abbattimento come strumento di
selezione naturale».
Davvero ben fatto… Forse il ministro Pecoraro Scanio non sa che i piani di
abbattimento sono strumenti scientifici e che come tali sono “garantiti” dal
controllo operato dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica (mica da una
associazione di cacciatori…). Il ministro non sa neppure che non tutti i
cacciatori sono abilitati per la caccia di selezione, ma soltanto coloro che
superano gli esami di abilitazione e che partecipano attivamente al controllo e
alla gestione del territorio e della fauna, attraverso i censimenti.
E, forse, il ministro Pecoraro Scanio non è stato neppure informato dei
gravissimi rischi a cui andrebbero incontro gli esemplari eventualmente
utilizzati per i “trapianti” a migliaia di chilometri di distanza: per la
stragrande maggioranza sarebbe morte certa.
Se l’Albania è alla ricerca di esemplari per ripopolare il suo territorio o se
zone italiane (ci piacerebbe sapere quali) non hanno un numero sufficiente di
caprioli e di ungulati in genere, allora conviene, signor ministro, consigliare
loro di iniziare il lungo e fatico lavoro di ripopolamento che alla fine degli
Ottanta è stato impostato in Italia, con il fattivo e determinante ausilio dei
cacciatori, prima di chiunque altro.