Con sentenza n. 7916 del 1° febbraio 2022 (pubblicata il 4 marzo), la prima sezione penale della Cassazione si è occupata del reato di alterazione d’arma, con particolare riferimento alla modifica di una carabina ad aria compressa, portata ad avere un’energia superiore ai 7,5 joule.
La difesa, in particolare, ha eccepito tra i motivi del ricorso che non fosse possibile ipotizzare il reato di alterazione di arma, perché la carabina di libera vendita non può essere qualificata come “arma da sparo”.
Ha inoltre osservato la difesa, che in virtù comunque della bassa potenza, dovesse riconoscersi la qualifica di “fatto di lieve entità” al reato commesso.
La corte ha risposto che “secondo la costante giurisprudenza di legittimità, «in tema di armi, il fucile ad aria compressa i cui proiettili erogano un’energia cinetica superiore a 7,5 joule costituisce arma comune da sparo; ne consegue che la sua illegale detenzione è punita ai sensi degli artt. 2 e 7 L. n. 895 del 1967» (Sez. 1, n. 45237 del 24/10/2013, P.M. in proc. Massucci, Rv. 257720). Si è, del resto, chiarito che, invece, «le armi ad emissione di gas o ad aria compressa che sviluppano un’energia cinetica inferiore a 7,5 joule, pur essendo escluse dalla categoria delle “armi comuni da sparo”, rientrano nella più ampia categoria di “armi” cui fa riferimento l’art. 4 legge n. 110 del 1975; ne consegue che il porto ingiustificato delle stesse integra la fattispecie incriminatrice prevista da tale disposizione» (Sez. 1, n. 10328 del 06/02/2015, Fiatti, Rv. 262693). Non è, del resto, controverso che quando (8 gennaio 2011) la carabina ad aria compressa venne venduta dall’armiere all’imputato essa possedeva ancora una potenza inferiore a 7,5 joule, sicché, non avendo l’imputato dedotto di averla egli stesso modificata, resta accertato che alla data del sequestro (19 marzo 2017) egli deteneva illegalmente un’arma comune da sparo. D’altra parte, il reato di detenzione abusiva di armi è un reato permanente (Sez. 1, n. 11490 del 02/04/1986, Marangoni, Rv. 174061), sicché deve escludersi qualunque rilievo sotto tale profilo alla data di alterazione della carabina, essendo piuttosto l’imputato chiamato a rispondere della, diretta disponibilità di un’arma da sparo ex artt. 2 e 7 I n. 895 del 1967, accertato in data 19 marzo 2017.
Per quanto riguarda il riconoscimento del fatto come “di lieve entità”, la corte ha osservato che “Nel caso in esame la difesa deduce la scarsa offensività dell’arma che, secondo la giurisprudenza, rileva, invece, per riconoscere l’attenuante in discorso; si è infatti affermato che «in tema di armi, la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità, di cui all’art. 5 legge 2 ottobre 1967, n. 895, è applicabile al porto e alla detenzione di una pistola cal. 6,35, in quanto la stessa è un’arma comune da sparo dotata di minore potenzialità offensiva» (Sez. 6, n. 7271 del 19/12/2019 – dep. 2020, Ulisse, Rv. 278351 – 02; Sez. 1, n. 9842 del 01/06/1987, Labate, Rv. 176673). Tuttavia, il ricorso non si confronta con la specifica motivazione del giudice di appello che ha valorizzato l’avvenuta alterazione dell’arma, per tale via resa arma comune da sparo, quale elemento oggettivo del fatto che, indipendentemente dalla qualità intrinseca dell’arma dotata di scarsa potenzialità, costituisce ostacolo al riconoscimento della circostanza attenuante”.