Campriani risponde alle polemiche sul Tiro a segno a scuola

Il quotidiano La Repubblica ha pubblicato una lettera del campione olimpico Niccolò Campriani, che ha inviato in risposta alle polemiche e alle diatribe scaturite dalla proposta (peraltro smentita) del senatore Giovanbattista Fazzolari di introdurre il Tiro a segno nelle scuole. La pubblichiamo integralmente:

 

“Ho speso sedici anni della mia vita a fare tiro a segno ad alto livello, sviluppando sia la parte mentale sia quella tecnica di questo sport e scoprendo me stesso. Mi ritengo un conoscitore della materia e proprio per questo mi fa effetto vedere la superficialità con cui, in questo caso, viene trattata. Mi fa paura, e mi viene naturale chiedermi: su tanti altri importanti temi che dominano il dibattito pubblico e di cui non sono un esperto, come ragiona la politica? Sull’intelligenza artificiale, ad esempio. O sul regolamento dei social media o, ancora, sulle fonti rinnovabili, il livello di superficialità è lo stesso?

Parliamo dunque dell’ipotesi di insegnare il tiro a segno a scuola. Secondo me si rischia di equiparare, agli occhi dei ragazzi, il tiro sportivo olimpico com’è ad esempio quello con le pistole e la carabina ad aria compressa, con i fucili d’assalto stile Rambo che vediamo purtroppo nei mass shooting negli Stati Uniti. Mescolare le due cose non permette di fare un dibattito sensato.

Ho fatto tiro sportivo olimpico ed è stato lo strumento di un lavoro di introspezione che è stato parte integrante della mia formazione, soprattutto in età adolescenziale: definire cos’è il successo e che cosa è la sconfitta è stata un’occasione unica. Se la meditazione fosse uno sport sarebbe il tiro a segno. Ma, appunto, nella mia gioventù lo sport non sostituiva la scuola, perché per me i due concetti, sport e scuola, non potevano che essere legati. E se proprio vogliamo parlare del tiro in quanto insegnamento io voglio ricordare il progetto che ho portato avanti con due rifugiati, Mahdi e Luna, lui afgano, lei eritrea.

Li ho allenati e loro sono riusciti ad andare alle Olimpiadi, e proprio grazie alla scusa dello sport li ho coinvolti in un percorso con psicologi e psichiatri per affrontare paure che vanno ben al di là di perdere una medaglia. Il dibattito attuale che si è scatenato attorno alla presunta proposta del senatore Fazzolari si è subito incentrato sulle armi. È sbagliata la prospettiva: bisognava partire dall’importanza di integrare il curriculum scolastico con attività che sviluppano intelligenza emotiva, e il tiro sportivo, così come tante altre attività, può farlo.

Si è finiti a parlare di armi a scuola, quando invece è da troppi anni che si rimanda la discussione su come combinare percorso accademico e attività sportiva, e si forza la stragrande maggioranza di ragazzi in giovane età a scegliere tra diventare campioni olimpici o in alternativa ingegneri o architetti. E poi il gergo che sento usare non mi piace. Si dice tirare, non sparare. Le parole sono importanti, e tante volte tradiscono gli intenti”.