Aggredito da un cinghiale, finisce in terapia intensiva

Un farmacista di Perugia, che stava badando al proprio giardino, è stato aggredito alle spalle da un cinghiale: le ferite hanno richiesto un delicato intervento chirurgico e il ricovero in terapia intensiva

È accaduto a Valfabbrica, Perugia, il 27 settembre scorso. Il cinghiale, definito grosso e dalle ferite inferte doveva esserlo, ha mandato in terapia intensiva un farmacista che stava facendo lavori nel giardino di casa. Il fatto è stato descritto dal vicino di casa, agricoltore della zona, che aveva osservato il farmacista che stava effettuando lavori di manutenzione nei confini della sua casa. L’ungulato è comparso all’improvviso, alle spalle del malcapitato, non ha potuto evidentemente rintuzzare in tempo l’aggressione. Il cinghiale lo ha caricato, colpendolo pesantemente alle spalle. Immaginiamo un peso magari anche di un quintale, arrivare a circa 30 km orari sulla schiena di una persona che non è preparata all’evento. Trasportato d’urgenza all’ospedale di Perugia, è stato sottoposto a una delicata operazione chirurgica e ricoverato in terapia intensiva. Ferite molto probabilmente inferte da un cinghiale maschio vista la profondità delle stesse. Le condizioni comunque stanno migliorando, ma il fatto ha suscitato un risentito allarme, per gli ungulati sempre più presenti nei centri urbani e anche sempre più aggressivi. Magari per garantirsi fonti di cibo cittadine nei confronti di altri cinghiali e uomini.

Ricordiamo un precedente attacco alcuni giorni prima sempre nel percorso verde di Perugia, in cui un giovane col suo cane è stato caricato da due cinghiali femmine con cuccioli al seguito. Ne ha pagato il conto il pitbull dell’uomo, che è stato letteralmente lanciato via da uno dei due cinghiali. Il discorso potrebbe avere diverse sfumature. La prima verte sulla pretesa e propagandata “convivenza pacifica” tra uomini e animali: che, lo ribadiamo, debbono stare al di fuori dei centri urbani e non essere tenuti come peluche, tipo i cervi dei paesi abruzzesi ben noti. Il proliferare incontrollato è ancora una volta da addebitare al mancato controllo numerico nelle tante e troppe zone protette e parchi vari, sempre ritenuti paradisi intoccabili da un animalismo che non conosce i meccanismi naturali.