L’Anpam ha diffuso i risultati della ricerca dell’Università Carlo Bo di Urbino, relativi al valore economico della industria armiera italiana per il settore civile (armi e munizioni) nel periodo compreso tra il 2016 e il 2019. Il valore complessivo del comparto, tra produzione diretta e attività collegate alla caccia e al tiro, ammonta a 7,5 miliardi di euro, pari allo 0,42 per cento del Pil. Il fatturato complessivo risulta essere di circa 600 milioni di euro, con una crescita del 3 per cento rispetto al 2016. Il valore economico diretto è pari a oltre 930 milioni di euro, con un saldo import export decisamente positivo, considerando che l’86,8 per cento del valore industriale della produzione è destinato ai mercati esteri. L’indotto, cioè dei settori collegati alle attività sportive del tiro e della caccia, nel periodo di riferimento ha generato un valore economico diretto e indiretto di quasi 6 miliardi di euro. La spesa sostenuta da tiratori e cacciatori è stata valutata in oltre 3 miliardi di euro, con una crescita del 3,1 per cento rispetto al periodo precedente.
Il numero degli occupati nel settore armi e munizioni, includendo l’indotto, è pari a 19 mila addetti, considerando anche i settori correlati alle attività legate a caccia e tiro si arriva a 80 mila persone.
“La ricerca dell’Università di Urbino”, ha commentato il presidente Anpam, Giovanni Ghini, “quantifica scientificamente il valore dell’industria armiera italiana, un’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo. Siamo soddisfatti dei dati emersi, da cui si evince una crescita costante del fatturato e valore economico generato, ma quello che mi rende più orgoglioso è vedere che contribuiamo a generare una fetta importante del Pil italiano, evidenza dell’importanza del nostro settore per la crescita dell’intero sistema economico del Paese. Con questi presupposti, siamo fiduciosi che l’industria armiera made in Italy continuerà a migliorare e a ottenere risultati positivi”.