Alla ministra del Turismo Michela Vittoria Brambilla piace essere la paladina degli animali e degli anticaccia. E per dimostrarlo paga con i denari dei contribuenti un sondaggio all’Ipsos, condotto su un campione di mille italiani. L’80 per cento del campione sarebbe d’accordo con la proposta di vietare l’accesso dei cacciatori ai terreni privati per l’esercizio dell’attività venatoria. Su questa materia il “Comitato per la creazione di un’Italia Animal Friendly”, istituito naturalmente presso il ministero del Turismo, ha avviato una seria valutazione in merito a una proposta legislativa di riforma dell’articolo 842 del Codice civile che consente l’accesso dei cacciatori ai fondi privati (con numerosi limiti). Nel 1997 una proposta simile fu sottoposta a referendum, ma non raggiungse il quorum.
La ministra parla di “anomalia tutta italiana” concessa dal codice civile. Ma all’accesso dei cacciatori nei fondi privati è strettamente collegato il fatto che la selvaggina è patrimonio indisponibile dello Stato e non del proprietario del fondo. I cacciatori entrano nei fondi privati perché pagano una concessione allo Stato e alla Regione. Con quei soldi si pagano i danni e la vigilanza venatoria e i programmi pubblici ambientali. Cosa che non avviene negli altri paesi d’Europa perché la fauna appartiene al proprietario del fondo che ne trae beneficio economico ed è motivato a gestire il territorio per farla sviluppare. Così succede che negli altri paesi la caccia è più forte anche perché distribuisce ricchezza, in Italia la ricchezza se la prende lo Stato.
Secondo il sondaggio le misure di sicurezza sulla caccia a tutela dell’incolumità pubblica sono giudicate sufficienti solamente per il 15% degli intervistati, mentre il 76% è convinto che andrebbero aumentate. In particolare non rilasciando la licenza di caccia prima dei 21 anni e dopo i 70 (87% d’accordo), aumentando la distanza del divieto di caccia dalle case (85% d’accordo), vietando la caccia la domenica e nei giorni festivi in cui molte persone vanno in campagna e nei boschi (74% d’accordo) e limitando o riducendo la stagione di caccia (73% d’accordo). La stragrande maggioranza degli italiani ha, inoltre, manifestato la necessità di aumentare le specie di animali non cacciabili (78%) e di vietare la caccia agli uccelli migratori (82%).
Un altro recentissimo sondaggio su oltre 2000 interviste, eseguito dall’Astra ricerche presieduta dal sociologo Enrico Finzi ha detto invece che la maggioranza degli italiani (55%) non è contraria alla caccia regolamentata e sostenibile. I dati dimostrano che c’è una connessione forte tra la scarsa conoscenza della materia e un’opinione non favorevole alla caccia e ai suoi praticanti: il 45% degli italiani non sa niente o quasi dei limiti alla caccia imposti dalle normative attuali; il 28% ne conosce solo alcuni; non più del 27% risulta ampiamente informato.
«Il Paese è ostilissimo alla caccia “selvaggia”», ha spiegato Finzi, «ma in maggioranza accetta l’attività venatoria normata, responsabile e sostenibile, che però spesso non sa esistere già. In effetti gli “opposti estremismi” dei cacciatori che rigettano ogni vincolo e degli anti-caccia “fondamentalisti” non ottengono il consenso degli italiani, i quali esprimono una posizione moderata e per così dire “centrale” tra i due estremi».
«È dovere delle istituzioni ascoltare la voce dei cittadini e tradurre le loro richieste in politiche concrete», ha sottolineato il ministro, commentando il risultato del sondaggio che lei ha commissionato all’Ipsos. «Dall’inizio della mia attività di governo ho ricevuto un numero oramai incalcolabile di lettere da cittadini che mi chiedono interventi sul fronte del rispetto degli animali e dei loro diritti. Le lettere più numerose riguardano la caccia. Gli italiani lamentano disagio e insicurezza per il fatto che i cacciatori entrano nei loro terreni privati e sparano troppo vicino alle abitazioni, così come privazione di libertà per il non potere godere tranquillamente dei nostri boschi e delle nostre campagne senza il timore di essere impallinati. Del resto, che la caccia sia pericolosa è testimoniato anche dal fatto che questi primi due mesi di stagione venatoria hanno già visto la morte di undici persone e il ferimento di altre dodici, non tutti cacciatori».