Cervi in Abruzzo: come estinguere una specie

Si susseguono le esternazioni di animalisti (in testa Michela Brambilla) e persino amministratori locali, con proposte oltre il limite dell'assurdo per salvare dall'abbattimento l'esubero di cervi in Abruzzo

Video girato nel paese di Villalago, in Abruzzo. C’è un cervo in piazza e una signora, con voce amorevole, lo invita a capire che lui ha già mangiato: “Dai amore, torna nel bosco. Hai già mangiato. Cosa vuoi ancora?”. Ma il cervo rimane immobile. “Nel bosco vacci tu”, sembra dire. Di profilo, mostra la pelle appoggiata sulle ossa del bacino, che prosegue sui fianchi con costole in vista, ventre asciuttissimo e altri segni di deperimento. Ha il palco in velluto completo, avrà circa 6-7 anni. Tra poco pulirà. Un cervo così, se arrivasse al bramito, perdendo anche 10-15% per i combattimenti e la ricerca di un harem, arriverebbe senza grassi. E non lo supererebbe. Altri video mostrano femmine che imprintano il proprio piccolo a cercare cibo nei paesi. Anticamera dell’estinzione per indebolimento della specie e incapacità a sopravvivere senza “l’amore” dell’uomo. Ci vuole solo tempo. E tutto senza fucile.

Analogo dibattito su Canale 5 nel Diario del Giorno del 29 agosto. Argomento l’abbattimento dei cervi in Abruzzo. Intervento di Michela Brambilla, senza contradditorio, tranne il direttore di Libero Senaldi che osserva che se si amano tanto i cervi, i danni li pagassero tutti i cittadini un tanto al mese. Intervista poi a un allevatore: denuncia 17.000 euro di danni non pagati per i daini. La Brambilla ha la soluzione: pagarli con i soldi del Pnrr. Che in Italia tanto altri problemi non li abbiamo. Ma il meglio arriva quando elenca le sue soluzioni per evitare gli abbattimenti. “Contraccettivi”. Non esiste nulla, tuttavia, che si può dare in Natura. Oppure vanno catturati uno per uno, al costo di migliaia di euro ciascuno, per sterilizzarli. E mangerebbero ugualmente. Poi “Recinzioni” su tutti i campi coltivati. Scusi signora Brambilla, ma poi tutto il territorio che avanza in mezzo alle recinzioni, quello non coltivato, non si ritrova con più cervi di prima? Afferma, poi, che i danni le regioni li liquidano subito: forse si è confusa con i territori nei parchi. I tanti amici allevatori ci giurano che dopo due o tre anni bisogna accontentarsi del 20 o 30%. Perché i soldi non ci sono. Insomma, gli animalisti sono molto più letali dei cacciatori. Diamogli solo un’altro po’ di tempo.

 

Tutti in un Parco?

Altro intervento a favore dei cervi abruzzesi lo ha divulgato il consigliere regionale Antonio di Marco (Pd), circoscrizione di Pescara, supportato dal collega consigliere Antonio Blasioli, della stessa circoscrizione. Di Marco mostra subito a parole la considerazione che ha dei cacciatori: “…provvedimento che da ottobre consentirà ai cacciatori di predare circa 500 esemplari di uno degli animali simbolo del nostro ambiente naturale…”. Consigliere Di Marco, “predare” è quello che subiamo noi cacciatori. Predati da decenni del nostro voto, puntualmente ammaliati da tante promesse, e poi predati delle nostre illusioni. Predati tra tasse, tassette e balzelli regionali. Predati di tutti i nostri soldi che mettiamo per attrezzature, benzina, alberghi, mantenimento cani, corsi di abilitazione e tanto tempo libero per stare in piedi nottate intere, andare, tornare, con pioggia, vento e freddo. Per fare il lavoro da voi considerato sporco. Ma che qualcuno dovrà pur fare per voi pietisti. Pensi che con i soldi dei cacciatori si pagano anche i danni agli agricoltori. Li pagano quelli che urlano al cervicidio? Ma quello che ci fa più paura è quando le istituzioni concordano, assieme al suo collega Antonio Blasioli, nel seguire l’illuminante idea del sindaco Giordano Fiore di Scafa di spostare i 400 cervi nel parco del Lavino. Sempre Di Marco dice: “Parliamo di trasformare allo scopo una zona del Lavino lontana dall’area più frequentata…” e continua “…modo umano e rispettoso ad andare oltre l’incredibile consenso dato alla caccia di un animale per noi identitario come il cervo, che per le incursioni nei paesi del parco veicola un’immagine amata della nostra natura…”. L’area del Lavino, zona Decontra, Pescara, è principalmente percorsa da acque sulfuree notoriamente molto appetite dai cervi per cure dermatologiche, eruzioni cutanee e brutte allergie. E vanta nientemeno che 37,8 ettari di superficie. E dove li mettiamo, consigliere Di Marco, 400 cervi? Per portarceli servirebbe un altro pifferaio magico alla Fratelli Grimm. Catturare cervi può essere fatto con telenarcosi, uno per volta, dopo giorni di appostamento per arrivare al massimo a 15-20 metri. Ogni esemplare, va sedato, analizzato per eventuali patologie trasmissibili, con mezzi e personale pronto al trasferimento. Costo migliaia di euro ad animale. Moltiplichi per 400. Oppure farlo con centinaia di metri di reti con personale esperto di guardia e tantissimi battitori. Analoga spesa, ma con molto più personale impiegato. Poi dopo un anno minimo il 50% delle femmine porterebbe a maturazione un piccolo. E se sono già 400 dopo che succede? Si mangerebbero tutto e morirebbero di fame se non alimentati come uno zoo. Proposta che ha fatto tremare pure il Wwf, che certo non ci ama. Rappresentanti delle istituzioni, prima di dare soluzioni “a caso”, dovrebbero informarsi, sapere, studiare, confrontarsi e chiedere quali sono i veri problemi di certe proposte tenute in piedi solo dalla fantasia. Chieda, consigliere Di Marco. Ispra, tecnici faunistici e tanti cacciatori esperti, saranno felici di collaborare con soluzioni fattibili e consone.