La colpa degli omicidi a Chicago è degli Stati vicini, troppo “permissivi” in materia di armi? Lo sostiene il sindaco, ma le statistiche la smentiscono clamorosamente
Chicago è una grande città degli Stati Uniti, resa celebre da decine di film di Hollywood, ma per il dibattito sulle normative in materia di armi è ormai da decenni un paradigma studiato con interesse, in quanto riesce nello stesso momento a essere una delle città con la legislazione in materia di armi più restrittiva di tutti gli Stati Uniti (superata solo dal New Jersey) ma anche uno dei tassi di criminalità e di omicidi più alto dell’Unione. Qualche giorno fa, la sindaco Lori Ligthtfoot (in foto) ha rilasciato a tal proposito una dichiarazione alla Cnn, affermando che la responsabilità dell’elevato tasso di omicidi in città sarebbe dovuto al fatto che negli Stati vicini la normativa in materia di armi sarebbe più lasca e, quindi, il grosso delle armi illegali proverrebbe da lì: “Siamo inondati di pistole provenienti da Stati che hanno praticamente nessun controllo delle armi, nessun controllo dei precedenti, nessun divieto sulle armi d’assalto, che stanno danneggiando città come Chicago”, ha affermato.
Si tratta peraltro di affermazioni non inedite, in quanto fatte proprie da almeno dieci anni, se non di più, dai politici anti-armi della città e della zona. Proprio per questo, National review si è preoccupato di verificare tali affermazioni, scoprendo alcuni dati estremamente interessanti. Il primo dato è, ovviamente, che non esiste uno Stato dell’Unione nel quale non vi sia alcun controllo sulla vendita di armi o nessuno controllo sull’esistenza di precedenti penali in capo all’acquirente. Il secondo è che, in base alle statistiche disponibili, risulta che solo il 7 per cento dei criminali detenuti ha usato la procedura legale di acquisto delle armi, mentre la stragrande maggioranza le ha ottenute tramite furto o sul mercato nero. Relativamente al rapporto tra l’elevato numero di omicidi con armi da fuoco e la vicinanza con Stati più liberali per quanto riguarda l’acquisto, il National review ha comparato situazioni simili, come per esempio la California (restrittiva) in rapporto ai vicini Arizona, Nevada e Oregon, o lo Stato di New York (restrittiva) in rapporto ai non lontani Vermont, Pennsylvania e New Hampshire, constatando che in nessuno di questi casi, nelle zone sottoposte a legislazione restrittiva sulle armi si verifica la percentuale di omicidi di Chicago, malgrado la presenza limitrofa di uno Stato con legislazione più liberale. Tra l’altro non si capisce per quale motivo se un criminale compra le armi in uno Stato liberale per poi usarle a Chicago, non faccia la stessa cosa la criminalità locale del medesimo Stato. Emblematico il caso del Texas, Stato probabilmente tra i meno restrittivi sul possesso di armi ma le cui principali città, come Houston e Dallas, presentano un tasso di omicidi che è la metà rispetto a Chicago, per non parlare di città come Austin o El Paso nelle quali il tasso di omicidi è una frazione di quello di Chicago.
Ancora una volta, quindi, si conferma che il rapporto tra una legislazione più o meno proibizionistica in materia di armi e il tasso di omicidi non è così semplice e diretto come taluni vorrebbero. E bisogna dire purtroppo, giacché se fosse così semplice, probabilmente le strade sarebbero molto meno bagnate di sangue. Purtroppo il tasso di omicidi nelle città e nei Paesi è legato a molti differenti elementi, che vanno dal reddito medio pro capite al tasso di disoccupazione, dal livello scolastico alla percentuale di analfabetismo nei soggetti in età scolare e così via. Dare la colpa agli altri Stati è la via facile, ma non è la via corretta…