I sistemi di percussione “interni”

Con l’avvento delle pistole striker operated ci siamo abituati alla scomparsa dei cani esterni ma … sappiamo come funzionano internamente i vari sistemi di percussione? Il sistema più noto e diffuso è senza dubbio il Safe action della Glock definito anche scatto in semi doppia azione dato che, il cameramento del colpo arma parzialmente la molla del percussore interno ma per lo sparo, occorre completare il caricamento della molla con la trazione sul grilletto. Tale sistema ha certamente innovato il settore, apprezzato da un vastissimo pubblico ed ha convinto nel tempo, sia le forze di polizia che i militari.
Esistono però altri sistemi di percussione interni meno noti o anche abbandonati, forse prematuramente, che fanno parte comunque della storia e dell’evoluzione delle pistole semiautomatiche.
A ciascun sistema di percussione interno poi, si abbinano diverse tipologie di scatto e armamento più o meno complesse, alcune intuitive altre meno, più complicate e meno complicate: proviamo ad analizzarle riferendoci ai modelli che le utilizzano o che le hanno utilizzate.
Il sistema più semplice è certamente quello con percussore lanciato interno, con scatto in singola azione: lo utilizzava già ad esempio, la Borchardt C-93 del 1893. Qui il percussore ha una molla interna ed armando la pistola si comprime completamente la molla e, un semplice leveraggio collegato al grilletto, permette lo sgancio in singola azione. La semplicità e l’economicità di questo sistema lo hanno reso protagonista per quasi mezzo secolo nella maggior parte delle pistole semiautomatiche da difesa di piccole e medie dimensioni. Gradualmente, verrà poi soppiantato sia nelle pistole da difesa che militari, dalla percussione tramite cane esterno: prima in singola azione e successivamente a scatto misto Sa/Da.
Oggi sono davvero poche le pistole semiautomatiche che lo impiegano ma la croata Hs Product nel 1999 con la propria Hs2000, lo rilancerà alla grande: tanto da indurre la Springfield armory a produrla su licenza come Springfield Xd e che diventerà presto, un successo globale.
Questo, grazie anche al fusto in polimeri e ai suoi innumerevoli sistemi di sicurezza che comprendono oltre alla sicura automatica al percussore: sicura al grilletto, sicura passante dorsale, avvisatore di colpo in camera, avvisatore di percussore armato e, opzionalmente, sicura esterna a leva. Difficile trovare oggi, arma con un numero maggior numero di sistemi di sicurezza …
Se osserviamo bene l’esploso della Springfield Xd in apertura, si può notare come le parti inerenti il percussore e lo scatto, complessivamente, siano piuttosto ridotte.
La Cz presentò nel 1995 la sua prima pistola con fusto in polimeri, la Cz 100: utilizzava un percussore interno con scatto in sola doppia azione (Dao), semplice come funzionamento e necessitante poche parti. Grazie allo scatto Dao, l’arma era sprovvista di qualsiasi sicura esterna e ricorreva unicamente, a quella automatica al percussore.
Successivamente introdusse la Cz 110, evoluzione della precedente e con probabilmente, il sistema a percussore lanciato interno più complesso mai realizzato. La Cz 110 infatti, aveva scatto misto Sa/Da, pulsante di inertizzazione esterno e ambidestro, avviso di percussore armato, avviso di colpo in camera, sicura automatica al percussore.
Armando la pistola, come in tutte le semi auto Sa/Da, si parte dallo scatto in singola azione ma se la situazione cambiava, si poteva scaricare in sicurezza il percussore e lo scatto passava alla modalità in doppia azione: nella Cz 110, il pulsante di disarmo del percussore era montato esternamente all’apice dell’elsa dell’impugnatura. Nell’esploso della Cz 110 sopra, tale pulsante è colorato in azzurro mentre in rosso, è visibile la coda del percussore che spuntava dal tappo di culatta quando questo era armato. In giallo abbiamo invece evidenziato il blocchetto di contrasto in acciaio della Cz 110: una delle prime ad impiegarlo. Se osserviamo le componenti di scatto della Cz 110, notiamo una certa complessità e numero di parti.
L’arma era da un punto di vista tecnico, davvero interessante ed innovativa, vi era la comodità dello scatto misto con la semplicità del percussore interno, un sistema di disarmo della carica al percussore ambidestro, avvisatori dello status dell’arma e persino, altra novità per l’epoca, uno zoccolo di contrasto riportato sul carrello, per l’armamento in emergenza ad una sola mano.
Nonostante la bontà tecnica, la Cz 110 aveva uno scatto tutto meno che fluido e non incontrò, nonostante svariati tentativi di migliorarlo, il successo sperato. Attualmente non è più in produzione.
Tempo dopo, la Taurus con la 24/7 riproporrà il sistema con percussore interno e scatto misto ma come sappiamo, con altrettanta poca fortuna.

Questa pistola è una delle più innovative della Heckler & Kock: oltre al fatto che fu la prima pistola ad impiegare il polimero come una delle parti componenti il fusto, introduce altre novità. Il sistema di percussione è tramite cane interno (e percussore lanciato) con scatto misto Sa/Da coniugato ad una leva, sul lato sinistro, che agisce sia da abbatti cane che da leva di armamento.
Andiamo con ordine: se si arma normalmente la Hk P9S (dove la S sta per Spannabzug, doppia azione in tedesco) lo scatto è in singola azione ma se si preme la levetta sul fianco sinistro e contemporaneamente si preme anche il grilletto (si, oggi si inorridirebbe alla manovra …) vi è il disarmo del cane e si può passare alla doppia azione. Viceversa e in caso di una mancata percussione, si può riarmare il cane e quindi sparare nuovamente in singola azione, premendo la levetta. Il sistema di funzionamento della P9S ricordiamo, era ad apertura ritardata tramite rullini, in puro stile Hk. Nonostante tutto, non ebbe un grande successo (iniziata nel 1969, la produzione si interruppe nel 1978): l’arma aveva un caricatore monofilare, meccanica complessa e di conseguenza, costosa. Tuttavia, rimane un esempio di ingegnosità e come sappiamo, l’idea di utilizzare i polimeri per il fusto verrà ripresa qualche decennio dopo. Nell’esploso, in rosso il cane interno, in azzurro la leva con funzioni sia di abbatti cane che di armamento, in giallo la parte in polimero inserita nel fusto. Se osserviamo le componenti del sistema di otturazione e chiusura, le numerose parti del sistema di scatto, si comprendono bene le difficoltà produttive.

Maggiore successo toccò alla Hk P7 del 1979, arma che venne costruita sino al 2007. Il sistema di funzionamento era con ritardo di apertura a gas e sistema di percussione interno con scatto in singola azione. Cosa era interessante, era il sistema di armamento: nella parte frontale dell’impugnatura si trova una sorta di leva infulcrata alla base del canale di alimentazione, impugnando l’arma si comprime necessariamente tale leva che arretrando e tramite un braccio interno, arma il percussore. Sparato il colpo e se si rilascia tale leva, il percussore non risulta armato: se si preme nuovamente la leva, impugnando più strettamente l’arma, si riarma nuovamente il percussore. Un sistema semplice e sicuro. Nell’esploso, abbiamo evidenziato in rosso la leva di armamento della Hk P7: le componenti del percussore sono davvero minime, così come le parti dello scatto.
Abbiamo volutamente lasciato per ultima la Glock e il suo sistema Safe action: se osservate l’esploso, noterete che il percussore ha in effetti costruzione appena più complessa rispetto altri sistemi ma, pochissime componenti nel sistema di scatto.
L’arma è nota per la sua sicurezza di maneggio con triplice sistema interna tuttavia, non ha un indicatore dello stato di carica del percussore. Molti obiettano che non è necessario, altri obiettano viceversa, che non è possibile conoscere lo status quando questo è sotto “precarica” o quando è del tutto scarico: in effetti conoscere lo status del percussore è possibile, osservando però, la posizione del grilletto.
Di fatto, se parliamo oggi di sistemi con percussione “interna”, il sistema della Glock è quello di maggior successo e diffusione, tanto da essere diventato paradigma per tutti gli altri costruttori. Non è però altrettanto opportuno dire che tutti gli “altri venuti dopo”, lo abbiano copiato: la Glock infatti, è molto attenta in caso di “usurpazione” di brevetto. Se il principio è quello della semi doppia azione, i competitors della casa austriaca (chi più chi meno) hanno apportato modifiche e anche, miglioramenti generali.
Gaston Glock è e rimane un brillante esempio non solo per le sue intuizioni geniali, come riprendere e perfezionare l’idea dello scatto della Roth-Steyr M1907 o impiegare i polimeri per la costruzione “totale” del fusto e non solo “parziale” (come nella Hk P9S), ma è un grande esempio di tempismo commerciale e volontà di imporre i propri standard nel mondo. Queste qualità, si, sono destinate a restare ineguagliate.