La Commissione europea ha risposto all’interrogazione di alcuni parlamentari italiani, sulla definizione di attività venatoria nell’ambito della Direttiva uccelli. Non compare più il termine “eccezione”, attività dell’uomo con dignità paritaria rispetto alla protezione
L’ufficio studi e ricerche faunistiche e agro-alimentari di Federcaccia ha commentato positivamente, in un comunicato, la risposta che la Commissione europea ha dato all’interrogazione presentata all’inizio di ottobre dai deputati Dreosto, Casanova, Lancini, Da Re e Tovaglieri. L’argomento era la definizione di caccia come “eccezione” al regime di protezione della Direttiva uccelli, che la Commissione ha utilizzato in diverse occasioni, mentre la stessa attività è prevista in molti articoli del testo ufficiale della direttiva stessa.
Questa interpretazione a giudizio dei deputati, ma anche di Federcaccia, influenza le posizioni che la Commissione Europea prende quando si tratta di caccia.
“È arrivata la risposta”, si legge nel comunicato, “che consideriamo positiva, poiché il termine “eccezione” non compare più e il riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia citato riguarda appunto un pronunciamento in cui sono stati ritenuti paritari gli obbiettivi di protezione con le esigenze ecologiche, scientifiche, culturali e ricreative, quindi le esigenze dell’uomo. Il giudizio favorevole è supportato anche dal fatto che l’articolo 5, che determina il regime di protezione, comincia proprio con la frase “fatti salvi gli articoli 7 e 9”, che disciplinano il primo la caccia e il secondo le deroghe. Il giudizio favorevole è supportato anche dal fatto che l’articolo 5, che determina il regime di protezione, comincia proprio con la frase “fatti salvi gli articoli 7 e 9”, che disciplinano il primo la caccia e il secondo le deroghe. Un altro quesito sull’importanza delle azioni sugli habitat per le specie in declino ha trovato risposta nella Commissione Europea, che conferma i Piani d’Azione e la gestione adattativa dei prelievi come gli strumenti idonei a stabilire iniziative sugli habitat e gestire il prelievo venatorio. Non è quindi un dogma che le specie in declino non debbano essere cacciate, a differenza di quanto continuamente proposto dalle associazioni protezionistiche, in particolare in Italia, ma una scelta da fondare su dati e gestione dei prelievi e degli habitat”.