Benché qualcuno continui a sostenere che gli ungulati, lasciati liberi di “autogestirsi”, potrebbero convivere tranquillamente con le attività umane, la realtà quotidiana di chi vive e lavora nelle aree rurali è ben diversa. I danni causati dai selvatici, in particolare dai cinghiali, sono in continuo aumento, complice anche un’annata venatoria decisamente sottotono, con prelievi limitati dalle restrizioni agli spostamenti legate alla pandemia di Covid 19. In una recente audizione alla commissione Agricoltura della Camera è emerso che il numero stimato dei cinghiali in Italia è passato da 900.000 capi nel 2010 a 2 milioni nel 2020, con un aumento del 111% e un trend in costante aumento. Inevitabilmente sono aumentati anche gli episodi spiacevoli, con ben 86 incidenti stradali gravi dovuti ad animali selvatici nel solo 2020, che hanno causato 111 feriti e 5 decessi.
La situazione per gli agricoltori è diventata insostenibile al punto da spingere Confagricoltura Parma a chiedere al governo un intervento immediato, consentendo ai conduttori e ai proprietari di fondi in possesso di licenza di caccia di abbattere i cinghiali che arrecando danni sui propri terreni. «Prendiamo esempio dai cugini toscani», ha dichiarato il presidente di Confagricoltura Parma, Mario Marini, «si tratta della soluzione più efficace, perché i proprietari e i conduttori conoscono il problema, sanno dov’è la fauna selvatica che arreca danni e possono pertanto intervenire in modo mirato».