A fronte del consueto, e recente, richiamo con toni sempre più allarmistici da parte dei media mainstream sull’incidenza dell’uso di armi da fuoco (legalmente detenute, ovviamente) nei femminicidi e in particolare nei femminicidi perpetrati nell’ambito famigliare, siamo andati a verificare le cifre diffuse dal ministero dell’Interno in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Lo studio, ufficializzato lo scorso 25 novembre, pone a confronto i dati del 2019 e del 2020 e i dati tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2020 con quelli dello stesso periodo 2021. I risultati sono decisamente emblematici, in relazione alla distorsione della narrazione che viene effettuata dagli organi di informazione non specializzati (che si basano, ovviamente, su una sola fonte di informazione, di parte, senza peraltro prendersi evidentemente la briga di verificare i dati), ma anche in relazione a quanto da tempo andiamo affermando, ovvero sul fatto che (e lo affermiamo con rammarico, giacché in caso contrario sarebbe facile porre rimedio a questa vera e propria piaga) non sussista un rapporto diretto tra la presenza di armi da fuoco (legalmente detenute o meno) in casa e la perpetrazione dei femminicidi.
Partiamo dal principio: gli omicidi in generale in Italia sono stati 317 nel 2019 e 286 nel 2020. Tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2020 ne sono stati perpetrati 245, mentre nello stesso periodo del 2021 sono stati 246. Le vittime di sesso femminile sono passate dalle 111 del 2019 alle 116 del 2020, 95 delle quali uccise entro il 31 ottobre, a fronte di ben 102 uccise tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2021.
A fronte, quindi, di un calo del 10 per cento degli omicidi in generale nel biennio 2019-2020, le vittime di sesso femminile sono aumentate del 5 per cento. Nello stesso periodo, è aumentato della stessa percentuale anche il tasso di omicidi di donne perpetrati in ambito famigliare e affettivo. Il 68 per cento di queste donne ha trovato la morte per mano del partner o ex partner.
Passando all’analisi del periodo gennaio-ottobre 2020-2021, si evidenzia come l’andamento degli omicidi in generale abbia registrato un incremento marginale (+0,4 per cento), mentre quello delle vittime di sesso femminile è più significativo, passando da 95 a 102 (quindi con un incremento del 7 per cento). Gli omicidi in generale commessi in ambito famigliare/affettivo sono passati da 121 a 126 con un incremento del 4 per cento, ma quelli che vedono vittime di sesso femminile, in ambito famigliare e affettivo, sono passati da 82 a 86, quindi con un +5 per cento. Stessa percentuale di aumento per le vittime di partner o ex partner, passate da 56 a 59.
Passando al dato che ci riguarda più da vicino, è interessante notare che, a fronte di questo aumento percentuale nei femminicidi e in particolare dei femminicidi commessi in ambito famigliare, il modus operandi abbia registrato un calo significativo nell’impiego delle armi da fuoco, che sono passate dal 28 per cento nel periodo 1° gennaio-31 ottobre al 20,9 per cento dello stesso periodo del 2021. Il pareggio nel drammatico bilancio delle vittime è fornito, nello specifico, da un aumento marginale dei casi di soffocamento o strangolamento (dal 12 al 15 per cento) ma, soprattutto, nell’aumento sostanziale dei casi nei quali l’omicidio è stato perpetrato con strumenti da punta o da taglio, che sono passati dal 41 al 55,8 per cento.
Le persone possono mentire, i numeri è ben più difficile che possano farlo: come abbiamo sempre sostenuto, e continuiamo con forza a fare, purtroppo si evidenzia che le oscillazioni sull’impiego dell’uno o dell’altro strumento utilizzato in concreto per perpetrare i femminicidi e, in particolare, i femminicidi commessi in ambito famigliare e affettivo, non abbiamo incidenza alcuna sul totale degli atti criminali commessi. Con questo si vuole rappresentare che la normativa in materia di armi legalmente detenute non sia suscettibile di miglioramento, nell’interesse della sicurezza dei cittadini? Assolutamente no. Chiediamo, molto più semplicemente, che si esca da una parossistica (e falsa) narrazione dell’emergenza per giustificare provvedimenti del tutto abnormi e sproporzionati, come quelli previsti dal pacchetto Verini-Magi, nei confronti del settore. Chiediamo anche, ma più di tutto lo chiedono le donne uccise, che si cominci ad affrontare la piaga del femminicidio con serietà, anziché nascondersi dietro il comodo paravento dei legali detentori di armi. Come abbiamo sempre sostenuto, i femminicidi hanno cause profonde e complesse che devono essere analizzate, comprese e risolte in modo sistemico, lavorando (e non è facile, sia chiaro) in particolare su una mentalità “padronale” ancora purtroppo estremamente radicata nelle famiglie italiane, anziché cercare la comoda scorciatoia dell’additare all’untore, costituito dal legale detentore di armi.