Tra le iniziative legate al lockdown francese per contenere il contagio da Covid, c’è anche lo stop all’attività venatoria. Gli ambientalisti premono per una scelta analoga anche in Italia
L’epidemia di Covid che sta devastando l’Europa ha fatto un’altra vittima. Ovvero tutta l’attività venatoria, fermata completamente in Francia fino almeno al 1° dicembre. Lo ha affermato il presidente della stessa Federazione francese manifestando la vicinanza a tutti coloro che stanno soffrendo, senza innescare minimamente polemiche o proteste di piazza. Ha però deciso di incontrarsi con i prefetti per stabilire determinate regole o autorizzazioni nel caso sorgessero problemi di consistenza o esuberanza della fauna rispetto a determinati scenari. Subito la notizia è stato ripresa dai nostri cari e avvelenati avversari che hanno affidato al presidente del Consiglio la decisione per ottenere anche da noi lo stesso provvedimento. Le scuse addotte sono come al solito penose, false e spregiudicatamente inutili. Si va dalla “provata sofferenza della fauna in questi ultimi tempi dovuta ai tanti incendi”, cambiando obiettivo che sarebbe invece quello di perseguire o sorvegliare maggiormente la dolosità di tali avvenimenti. Cosa ormai nota a tutti. Dimenticando, o facendo ancora finta di dimenticare, che i territori colpiti da incendi (dolosi o meno) sono automaticamente interdetti a tutte le attività, caccia compresa. Poi proibirla secondo loro “per evitare le solite stragi” cosa che non merita commento. Infine, la migliore, chiudere la caccia per scongiurare i soliti, da parte loro, “ricorsi amministrativi per tutelare gli animali se si verificassero azioni legislative contrarie alle limitazioni del governo”. E concludono che “è chiaro che la caccia debba essere esclusa dalle attività autorizzate nella pandemia”. Se le cacce in gruppo potrebbero essere interessate da provvedimenti restrittivi, non è chiaro come si possa giustificare la chiusura delle altre forme se si svolgono all’aria apertissima e oltretutto sempre da soli. Per cui, pretestuosità assoluta alla quale siamo d’altronde abituati. Per finire vorremmo sapere, magari con un contributo più incisivo dagli agricoltori, se sono d’accordo che tutte le cacce di selezione che cercano di arginare i tanti danni che cinghiali, cervi e daini procurano (inclusi incidenti stradali mortali), si fermino. Se oggi tutto ciò ha un freno lo si deve solo all’impegno dei cacciatori selecontrollori.