Il ministero dell’Interno ha emanato una circolare con la quale si propone di fare chiarezza sull’iniziativa che da molti anni alcune questure e prefetture hanno adottato, consistente nell’annotare sulle licenze di porto d’armi consegnate ai cittadini il quantitativo massimo di munizioni che è possibile acquistare nell’arco di validità della licenza.
Il ministero correttamente ricorda che la possibilità di introdurre tale limite è stata conferita a questori e prefetti dalla legge cosiddetta “antimafia” n. 306 del 1992, ma che l’effettivo esercizio di tale facoltà era subordinato all’emanazione di un decreto attuativo, mai emanato. “A parere di questo ufficio”, si legge, “pertanto, non può trovare applicazione la limitazione in questione, in quanto essa si fonda su un decreto, allo stato, inesistente”. Tutto a posto, quindi? No. Perché, infatti, la chiosa del ministero, che consente di salvare l’operato finora perpetrato da questure e prefetture, è che “Ciò non toglie che, in presenza di effettive turbative all’ordine e alla sicurezza pubblica determinate dall’eccessiva circolazione di munizioni nella provincia, codesta autorità di ps potrà sempre intervenire agendo ai sensi dell’art. 9 del Tulps, apponendo alle licenze di polizia rilasciate – nella modalità più opportuna – le prescrizioni che riterrà più idonee, dandone motivazione nel provvedimento”. Come dire: cambiare tutto per non cambiare nulla!
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