La sesta sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 30140 del 7 luglio scorso (pubblicata il 2 agosto), è tornata a occuparsi delle bombolette spray antiaggressione e, in particolare, a quelle che al posto dell’olio essenziale di peperoncino (oleoresin capsicum) contengono gas lacrimogeno CS, e che in alcuni Paesi Ue sono di libera vendita al pari di quelle al capsicum.
La corte, in particolare, ha respinto il ricorso contro sentenza di condanna per la detenzione di un’arma da sparo (la bomboletta), argomentando che “La sentenza impugnata ha correttamente considerato quale arma comune da sparo la bomboletta spray detenuta dall’imputato, ponendo l’accento sia sulla natura del gas in essa contenuto, qualificato come un “aggressivo chimico”, che sulle sue potenzialità nocive (essendo lo stesso fortemente irritante per la pelle e gli occhi). Tale condivisibile soluzione ermeneutica costituisce una coerente applicazione del consolidato e pacifico principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui “Integra il reato previsto dall’art. 4 L. 2 ottobre 1967, n. 895 e succ. modd., il porto in luogo pubblico di una bomboletta spray contenente gas urticante idoneo a provocare irritazione degli occhi, sia pure reversibile in un breve tempo, in quanto idonea ad arrecare offesa alla persona e come tale rientrante nella definizione di arma comune da sparo di cui all’art. 2 L. n. 110 del 1975 (Sez. 1, n. 11753 del 28/02/2012, Cecchetti, Rv. 252261; Sez. 1, n. 44994 del 14/11/2007 , Amantonico, Rv. 238704). In particolare, la qualificazione della bomboletta contenente gas urticante come arma comune da sparo si fonda sul dato letterale desumibile dall’art. 2, comma 3, legge 18 aprile 1975, n. 110 che considera tali, tra le altre, “quelle…ad emissione di gas..” Si considera, inoltre, la potenzialità nociva del contenuto, trattandosi, comunque, di aggressivi chimici – quale, nel caso in esame, il gas CS – idonei a compromettere, anche in via temporanea, l’integrità della persona. Peraltro, qualora l’elevata concentrazione del gas determinasse una spiccata potenzialità nociva del contenitore che lo racchiude, potrebbe ravvisarsi un’arma da guerra, ai sensi dell’art. 1, legge n. 110 del 1975. La norma, infatti, considera tali le armi di ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l’impiego bellico, nonché le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse, gli aggressivi chimici, biologici, radioattivi, i congegni bellici micidiali di qualunque natura, le bottiglie e gli involucri esplosivi o incendiari. Alla luce di tale ampia definizione normativa, questa Corte (Sez. 2, n. 946 del 09/07/1981, dep. 1982, Boscarolo, Rv. 151891) ha, ad esempio, considerato quali armi da guerra i candelotti lacrimogeni poiché compresi tra gli “aggressivi chimici”. In tale arresto la Corte ha, altresì, chiarito che rientrano in questa categoria «tutte le sostanze gassose, liquide o solide, che, diffuse nell’aria e sparse sulle acque del terreno, producano negli esseri viventi lesioni anatomico-funzionali di varia natura, tali da compromettere, in via definitiva o anche soltanto temporanea, l’integrità dell’organismo umano. In relazione agli effetti che producono sull’organismo medesimo, tali sostanze si distinguono in asfissianti (cloro, bromo, perossido di azoto), tossiche (acido cianidrico), vescicatorie (iprite), nervine, irritanti (cloroacetofenone), come i lacrimogeni». Ritiene, dunque, il Collegio che, alla stregua della qualificazione quale arma comune da sparo della bomboletta spray detenuta dall’imputato, la relativa detenzione è stata correttamente ricondotta nell’ambito di operatività degli artt. 2 e 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895.
Non possono, pertanto, essere condivise le conclusioni formulate dal Procuratore Generale con riferimento al capo C) dell’imputazione che, ad avviso del Collegio, appaiono frutto di un’erronea estensione alla fattispecie in esame della disciplina recentemente introdotta per le bombolette spray contenenti, non aggressivi chimici, bensì un principio attivo naturale a base di Oleoresin Capsicum.
Si tratta, infatti, di due diverse sostanze – una, il gas CS, di natura chimica (si tratta, infatti, di orto-clorobenziliden-malononitrile), e l’altra, invece, naturale – dotate di differente potenzialità offensiva.
L’impiego del gas CS è, inoltre, consentito alle sole forze di polizia (si veda, al riguardo, l’articolo 12, comma 2, del d.P.R. 5 ottobre 1991, n. 359, che, con riferimento agli artifici sfollagente per lancio, sia a mano che con idoneo dispositivo o con arma lunga, precisa che «entrambi sono costituiti da un involucro contenente una miscela di CS o agenti similari, ad effetto neutralizzante reversibile».)
Di contro, il c.d. spray al peperoncino rappresenta uno strumento utilizzabile per l’autodifesa. In particolare, il d.m. 12 maggio 2011, n. 103 (Regolamento concernente la definizione delle caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di Oleoresin Capsicum e che non abbiano attitudine a recare offesa alla persona, in attuazione dell’articolo 3, comma 32, della legge n. 94/2009) all’art. 1, comma 1, prevede che gli strumenti di autodifesa di cui all’articolo 2, comma 3, della legge 18 aprile 1975, n. 110, in grado di nebulizzare una miscela irritante a base di oleoresin capsicum e che non hanno attitudine a recare offesa alle persone, devono possedere specifiche caratteristiche tecniche, nell’ambito delle quali, alla lettera c), esclude espressamente che gli stessi possano contenere sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici (come il gas CS).
La stessa norma, oltre ad introdurre una perimetrazione dell’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 3, legge n. 110 del 1975 (recante, si ribadisce, l’elencazione degli strumenti che, per legge, rientrano nella nozione delle armi comuni da sparo), precisa, al secondo comma, che gli strumenti di autodifesa non conformi alle specificate caratteristiche tecniche rimangono disciplinati dalla normativa in materia di armi.
Alla luce di tale chiaro dettato normativo, la giurisprudenza di questa Corte ha escluso che la bomboletta contenente “spray” urticante a base di peperoncino (in particolare, “oleoresin capsicum”, principio estratto dalle piante di peperoncino) possa essere ricompresa tra le armi comuni da sparo ovvero tra quelle da guerra o tipo guerra (Sez. 1, n. 14807 del 07/01/2016, Delmastro, Rv. 267284). Si è, inoltre, affermato che il porto in luogo pubblico di detta bomboletta contenente “spray” urticante a base di “oleoresin capsicum” che non rispetti le caratteristiche stabilite dal decreto ministeriale 12 maggio 2011 n. 103 integra gli estremi della contravvenzione di porto abusivo di armi di cui all’art. 699 cod. pen., e non, invece, del delitto previsto dall’art. 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, e succ. modif.( Sez. 1, n. 15083 del 10/02/2021, D’Italia, Rv. 280903; Sez. 1, n. 57624 del 29/09/2017, Greco, Rv. 271901; Sez. 1, n. 14807 del 07/01/2016, Delmastro, Rv. 267284)”.
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