La provincia di Pavia discrimina i non residenti

Levata di scudi contro la decisione della provincia di Pavia che, unica tra le province lombarde, vuole impedire ai cacciatori iscritti negli Atc locali, ma non residenti nella provincia, di cacciare nei suddetti Atc prima del 2 ottobre. Una sorta di “prelazione”, quindi, concessa ai residenti locali, che ha già registrato il dissenso da parte di autorevoli esponenti del mondo venatorio lombardo

 

Levata di scudi contro la decisione della provincia di Pavia che, unica tra le province lombarde, vuole impedire ai cacciatori iscritti negli Atc locali, ma non residenti nella provincia, di cacciare nei suddetti Atc prima del 2 ottobre. Una sorta di “prelazione”, quindi, concessa ai residenti locali, che ha già registrato il dissenso da parte di autorevoli esponenti del mondo venatorio lombardo.

Tra le voci più qualificate che hanno espresso le proprie perplessità, l’avvocato Giuseppe Anastasio che, per conto della sezione provinciale di Milano-Monza Brianza della Fidc, ha diffidato il presidente della provincia di Pavia, Daniele Bosone, facendo presente che “al momento del pagamento della quota associativa del comparto Atc di Pavia anno 2013-2014 (avente lo scopo di immettere selvaggina su un determinato territorio acquistata con denaro dei cacciatori che vi sono soci), come tutte le precedenti annate venatorie, i cacciatori della Provincia di Milano e Monza e Brianza (c.d. forestieri), diligentemente provvedevano al pagamento della quota in qualità di socio senza che nulla gli venisse prospettato a titolo oneroso e in assenza di riserva alcuna circa l’intenzione di attribuire ai cacciatori pavesi il privilegio. Di conseguenza con il perfezionamento implicito del contratto di cui agli artt. 1321 e 1326 c.c., tale scelta insindacabile adottata dall’Assessorato in materia, allo stato attuale si appalesa illegittima”.

Anastasio ha fatto inoltre presente che “si evidenza come a supporto della materia caccia concorrono le norme di cui alle “Leggi regionali” (L. 26/93 e L. 17/04), discendono dalla “normativa nazionale di riferimento” (L. 157/92): entrambe sanciscono i diritti in capo ai cacciatori sulla base di un criterio preciso e inderogabile. Questo metodo è il pagamento di una quota d'iscrizione ad un Atc (previa la preventiva ammissione a tale ambito sulla base di un indice di densità venatoria alla salva-guardia di territorio, fauna e cacciatori)”.

 Alla diffida ha fatto eco l’avvocato Emanuele Valli di Legnano, che rincara la dose: “Perché i cacciatori della Provincia di Pavia che, oltre a quello locale, hanno un altro ambito, per esempio in provincia di Milano, Mantova, Piacenza, Novara, Vercelli ecc. possono cacciare dal 15 settembre al 28 settembre e poi effettuare anche l’apertura della caccia in Provincia di Pavia, in quanto residenti, contravvenendo proprio a quel principio anticostituzionale per cui il divieto è stato imposto ai residenti in altre province? Forse la Provincia di Pavia ha voluto concedere ai suoi residenti il sempre attuale ”panem et circenses” ,ossia la facoltà di poter fare stragi di selvaggina e riconsegnare dopo due giorni il territorio a poveri beceri milanesi, bergamaschi, bresciani spopolato di selvaggina (che, non dimentichiamolo, hanno onestamente pagato). Mi auguro che il problema venga risolto in maniera civile e logica prima dell’Apertura, in caso contrario e mi rendo disponibile, sin da ora, a qualsivoglia azione giuridica che la Fidc voglia intentare nei confronti della provincia di Pavia: forse i cacciatori lombardi perderanno due giornate di caccia, ma se i competenti organi legislativi amministrativi, ci daranno ragione la Provincia di Pavia o chi per essa, oltre al risarcimento conseguente alle giornate di caccia non usufruite perderà soprattutto… la faccia!”.