Caccia Ambiente, non è un’associazione venatoria e non stipula assicurazioni. Esso è un partito politico e ha come scopo la difesa di tutti quei valori, che rappresentano i valori fondanti della società italiana, ad iniziare dalla centralità dell’uomo, che sono dietro al mondo della caccia e che sono comuni a tante altre categorie, ad esempio: agricoltori, abitanti dei piccoli centri, pescatori,ecc. tutte categorie bistrattate dalla politica, tranne che in occasione delle varie tornate elettorali. Il partito è presente con i suoi rappresentanti regionali, provinciali e comunali, in quasi tutte le regioni , non ha padri politici ed ha l’obiettivo di presentarsi alle prossime elezioni politiche.
Sarebbe bello parlare della stagione di caccia con serenità pensando solamente ai nostri cani, ai luoghi, alla presenza o meno della selvaggina, all’appostamento da effettuare, agli amici, alle condizioni meteorologiche, ma purtroppo non è così. Molto spesso in alcune regioni, fino all’ultimo momento, non si è sicuri nemmeno del giorno in cui effettuare l’apertura. A volte non si è sicuri nemmeno di poter andare a caccia con gli amici di sempre a causa di cervellotiche disposizione da parte degli Ambiti territoriali di caccia,
La cultura pseudo-ambientalista. La caccia in Italia oggi sta attraversando un periodo nerissimo e, fenomeno unico in ambito europeo, si sta diffondendo sempre più una cultura pseudo-ambientalistica che mira all’eliminazione della caccia. Tale cultura è favorita paradossalmente proprio da un distacco dalla natura a causa dello spostamento di milioni di persone dalle campagne alle città. Essa con la demagogia abbinata al consumismo riesce a fare opinione, a fare proseliti, a ergersi a difensore della natura e del suo equilibrio, a influenzare sempre più persone e di conseguenza i politici dei vari schieramenti sempre alla ricerca di facili consensi.
Di converso abbiamo un mondo venatorio chiuso in se stesso, litigioso all’inverosimile, si assiste ad assemblee infuocate di tutti contro tutti, nell’incapacità di fare squadra, ognuno a difendere il proprio orticello e di conseguenza nell’impossibilità/incapacità di effettuare una corretta informazione e quindi di influenzare positivamente l’opinione pubblica.
Non vi è regione o ambito di caccia che non abbia problematiche: dalle deroghe alle date di apertura della caccia, dall’uso dei richiami vivi alla realizzazione degli appostamenti fissi, dalle specie oggetto di caccia al periodo di caccia delle stesse, dalla coabitazione della caccia al cinghiale in battuta con le altre cacce, dalla gestione dei parchi alle zone Sic e Zps, dalla caccia di selezione alla mobilità venatoria, dalle tasse eccessive al risarcimento danni della fauna selvatica (anche di quella non cacciabile), dalle zone di addestramento cani alle aziende agri turistico venatorie, dalla normativa sulle armi e sul rilascio della licenza di caccia all’uso dei pallini non di piombo,e a breve ance palle senza piombo, dal rispetto della normativa europea a una uniformità di indirizzi in campo europeo, dalla carenza di studi scientifici all’eccessiva burocratizzazione dell’Ispra e di altri istituti similari, e potrei continuare all’infinito.
Il mancato ricambio generazionale. Fra le problematiche su citate non ho citato il mancato ricambio generazionale. L’allontanamento dei giovani dalla caccia ritengo sia il maggior problema, in quanto esso incide in profondità ed i nostri detrattori, al contrario di noi lo sanno bene. Ad esempio cito l’ultimo tentativo di modificare l’attuale normativa sulla caccia ad opera de senatore Orsi.
Nella proposta del sen. Orsi era prevista la possibilità di conseguire la licenza di caccia, pur con innumerevoli vincoli, all’età di 16 anni, ebbene in fase di negoziazione tale possibilità fu la prima ad essere posta sul tavolo per essere barattata nella speranza che la restante parte normativa fosse approvata. Fu un errore madornale, in quanto barattando la possibilità di prendere la licenza a 16 anni si faceva passare il messaggio che la caccia è un qualcosa di negativo per cui occorreva la maggiore età. Il risultato fu che discutere di un qualcosa di negativo non affascinava e quindi non creava consensi e la riforma non si fece.
Da un quadro così negativo verrebbe la voglia di tirare i remi in barca, di non combattere se non si tenesse conto di due elementi: il primo e che determinati valori possono essere compressi , ma non annullati; il secondo che una società basata su valori effimeri non ha futuro.
Il mondo venatorio, oggi, deve assumersi le proprie responsabilità, deve contare sulle sue forze, non deve più delegare ad altri la soluzione dei propri problemi, deve fare uno sforzo di unitarietà se non nel merito almeno culturale, deve uscire dal chiuso delle proprie stanze per proporsi all’esterno e quindi investire fortemente in comunicazione.
Chi deve gestire i cacciatori. Le associazioni venatorie ( essendo realisti non crediamo fattibile al momento la realizzazione di un’unica associazione venatoria) però possono benissimo gestire i cacciatori dal punto di vista sindacale recidendo i vari cordoni ombelicali con la politica. Politica che oramai considera i cacciatori solo come portatori di voti , ma non come portatori di una cultura su cui investire. Ecco perché la nascita di un partito che, anche attraverso alleanze finalizzate e di pari dignità, possa portare avanti un cambiamento culturale e quindi ottenere quelle riforme, a partire dalla legge sulla caccia la 157/92 e la legge sui parchi la 394/91. Riforme necessarie al fine di porre le basi per un corretto esercizio venatorio in equilibrio con l’ambiente che ci circonda.