La sezione Prima Ter del Tar del Lazio, con sentenza n. 10427 del 20 giugno 2023, ha accolto il ricorso di un ex carabiniere in pensione che si è visto comminare il divieto di detenzione delle armi da parte della prefettura di Roma, a seguito di “una situazione di conflittualità tra lo stesso ed altri condomini dello stabile di comune residenza, in coincidenza con la presentazione, da parte di uno di questi, di una querela per asserite minacce”. Il ricorrente ha fatto notare che la querela di parte è stata successivamente oggetto di archiviazione e che non sussistessero ulteriori elementi idonei a mettere in discussione l’affidabilità del destinatario della licenza.
I giudici hanno accolto il ricorso, osservando che “nel caso di specie, l’Amministrazione non ha adeguatamente valutato l’avvenuta archiviazione del procedimento penale a carico del ricorrente nell’anno 2020 e l’assenza di altri elementi a suo carico. Inoltre, l’Amministrazione non ha considerato che il ricorrente, in qualità di Carabiniere in pensione, ha sempre avuto a disposizione armi senza mai abusarne (come emerge dalla copiosa documentazione in atti), vedendosi rinnovate le autorizzazioni nel corso della carriera miliare ed anche dopo la cessazione dal servizio, con la conseguenza che un successivo provvedimento di divieto avrebbe dovuto fondarsi su di un’istruttoria più approfondita e su di una motivazione ben più consistente. L’errore di valutazione delle risultanze istruttorie ridonda dunque in un difetto di motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui la Questura ha ritenuto venuti meno i requisiti di affidabilità in capo al ricorrente, determinando l’annullamento del provvedimento impugnato”.
Il ministero dell’Interno è stato condannato al pagamento delle spese.