Alla fine, è solo uno dei punti di ricorso delle associazioni animaliste, a essere stato accolto dal Tar della Lombardia, chiamata a pronunciarsi sul calendario venatorio regionale e, più nello specifico, sulla deliberazione di Giunta Regionale del 2 agosto 2021 contenente disposizioni integrative del calendario venatorio e il decreto della Direzione Generale Agricoltura della Regione recante la riduzione del prelievo di alcune specie di avifauna, ai sensi dell’art. 1 comma 7 della legge regionale (LR) n. 17/2004.
Entrando nel merito delle questioni, in particolare sul ricorso secondo il quale la pubblicazione del calendario venatorio entro il 15 giugno di ogni anno sarebbe inderogabile, i giudici hanno osservato (respingendo il ricorso) che “la giurisprudenza esclude che il citato termine di legge del 15 giugno abbia carattere perentorio, essendo invece lo stesso meramente ordinatorio”.
Nel secondo motivo di ricorso, si lamentava che la regione Lombardia avesse approvato il calendario non con atto amministrativo bensì con legge ordinaria: anche questo punto è stato respinto dai giudici, con la motivazione secondo la quale “il decreto regionale del 17.9.2021 gravato in via principale si limita, in applicazione dell’art. 1 comma 7 della LR n. 17/2004, a ridurre il prelievo di talune specie di avifauna, ma non costituisce né esaurisce l’intero calendario venatorio regionale”.
Il terzo motivo di ricorso, anch’esso respinto, lamentava come “la disciplina venatoria regionale sia molto frammentata e confusa, in quanto caratterizzata da una pluralità di atti eterogenei e di difficile lettura”. Sul punto, i giudici hanno osservato che “nessuna norma impone che il calendario venatorio sia contenuto in un documento unitario, ben potendo la regolazione della stagione di caccia essere contenuta in una pluralità di documenti, purché ovviamente coordinati fra loro. Quanto alla conoscibilità delle regole da parte dei singoli cacciatori, è noto che ciascuno di essi svolge l’attività venatoria nell’ambito territoriale (ATC) o nel comprensorio alpino (CAC) cui è iscritto, per cui è tenuto a conoscere solo le norme sulla caccia vigenti in tali ambiti territoriali e non certo nell’intera Regione”.
Il principale motivo di ricorso era, tuttavia, incardinato sul fatto che il calendario venatorio risultasse in contrasto rispetto al parere rilasciato dall’Ispra. Nello specifico, i giudici hanno osservato che “il parere Ispra ha carattere obbligatorio ma non vincolante, anche se le Regioni possono disattenderlo offrendo congrua motivazione, trattandosi in ogni modo di un parere proveniente da un ente tecnico-scientifico di diretto supporto del Ministero dell’Ambiente (ora della Transizione Ecologica)”. I giudici hanno peraltro ritenuto non ammissibili le doglianze espresse dall’associazione animalista nella misura in cui non fossero indicate “le peculiari ragioni per cui la difformità dal parere non vincolante di Ispra possa assurgere a vizio di legittimità della determinazione impugnata”, mentre hanno accolto quelle, circostanziate, relative a tortora selvatica, moretta, allodola, tordo bottaccio, sassello, cesena, pavoncella, quaglia e coturnice. Il Tar ha quindi annullato gli atti regionali impugnati nelle sole parti relative alle specie sopra indicate, precisando peraltro che “Resta salvo il potere della Regione Lombardia di regolazione dell’attività venatoria per la stagione in corso nel rispetto delle risultanze della presente sentenza”.
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