Anche se, specialmente con le pistole semiautomatiche, sono i tecnopolimeri a farla sempre più da padrone, una componente importante del settore armiero è costituita ancor oggi dalle leghe leggere di alluminio, che vengono utilizzate sia per i telai delle pistole semiautomatiche o dei revolver, sia per le carcasse dei fucili a canna liscia, sia per la realizzazione delle carabine a canna rigata.
Ma quando, esattamente, hanno cominciato a essere utilizzate le leghe leggere d’alluminio nella produzione di armi? E chi è stato il pioniere?
Occorre innanzi tutto ricordare che, malgrado l’alluminio sia uno degli elementi più abbondanti in assoluto in natura, il suo impiego industriale è relativamente recente, a causa delle difficoltà incontrate nello sviluppo delle necessarie lavorazioni industriali. In forma pura, o quasi pura, inoltre non presenta sufficienti caratteristiche di resistenza per trovare impiego nelle componenti fondamentali delle armi da fuoco. Nei primi anni del Novecento, tuttavia, il metallurgista tedesco Alfred Wilm scoprì che una aggiunta di rame e altri elementi (come manganese e magnesio) consentiva alla lega di alluminio di raggiungere una durezza molto superiore, mantenendo però pur sempre un peso sostanzialmente inferiore rispetto all’acciaio. Questo tipo di lega fu denominato duralluminio e fu commercializzato a partire dal 1908, trovando immediato impiego dapprima nella realizzazione delle strutture portanti dei dirigibili e poi nella realizzazione dei primi aeroplani.
Il primo impiego del duralluminio nella realizzazione dei telai per le armi da fuoco si fa generalmente risalire all’azienda tedesca Walther, che cominciò a offrire il telaio in lega leggera come opzione alternativa al telaio in acciaio sulle pistole Pp e Ppk in calibro 7,65 mm, a partire dal 1935 circa. Anche Beretta cominciò a offrire la pistola modello 35, sempre in calibro 7,65 mm, con telaio in una lega leggera di alluminio, denominata autarchicamente “aermetal”, a partire dal 1936 circa.
Con la seconda guerra mondiale le priorità furono decisamente altre, ma una volta concluso il conflitto, furono numerose le aziende che iniziarono a sperimentare con le leghe di alluminio per le armi da fuoco (corte e lunghe), al fine di ridurre il peso complessivo dell’arma, sia per la caccia, sia per l’eventuale impiego militare. Complice anche il perfezionamento delle leghe leggere industriali, con l’arrivo (a partire dal 1935) delle prime versioni dell’Ergal, dalle caratteristiche di durezza e resistenza decisamente superiori rispetto al duralluminio. Uno dei primi esempi concreti di questa sperimentazione fu una produzione prototipale eseguita dalla canadese Inglis nel corso del 1948, per una versione “lightweight” della pistola Hp 35 (di progetto Browning) in 9×19 mm, che però non ebbe seguito produttivo. Alla fine degli anni Quaranta, fu invece l’italiana Fna a proporre uno dei primi sovrapposti della storia con carcassa in lega leggera, denominato Victor e caratterizzato dall’apertura delle canne mediante scorrimento longitudinale. La Fna per la verità “osò” realizzare inizialmente non soltanto la bascula, ma anche le canne in lega di alluminio, ma reiterati rigonfiamenti e scoppi conseguenti alla distribuzione sul mercato obbligarono l’azienda a proseguire la produzione con canne in acciaio, applicate anche come retrofit a buona parte degli esemplari già venduti. Nei fucili semiautomatici, la carcassa in lega leggera debuttò alla fine degli anni Sessanta, con la versione Super ligthweight del mitico Browning Auto 5 (già da qualche anno prima, era realizzato però in lega leggera il ponticello del grilletto). La produzione iniziale soffrì di alcuni problemi di resistenza alle sollecitazioni ripetute degli spari, che furono risolte completamente solo a partire dal 1972.
Il primo esempio di arma corta di grosso calibro effettivamente entrata in produzione di serie con telaio in lega leggera di alluminio è quello della Colt Commander, sviluppata per sostituire la 1911A1 in seno all’esercito americano e concepita intorno al calibro 9×19 mm, anche se poi buona parte della produzione commerciale fu nel classico .45 acp. L’arma fu presentata sul mercato civile nel 1950 e uno degli aspetti più paradossali è che la sua controparte con telaio in acciaio, la Combat Commander, fu proposta sul mercato dalla Colt solo esattamente vent’anni più tardi, cioè nel 1970.
Risale, come è noto, alla seconda metà degli anni Cinquanta anche lo sviluppo dei primi fucili d’assalto con telaio realizzato in lega leggera di alluminio, in particolar modo da parte della statunitense Armalite, e fu a partire dal 1963 che l’esercito statunitense adottò la carabina M16 in 5,56×45 mm, prodotta dalla Colt proprio secondo i progetti di Armalite.
I revolver
Parallelamente allo sviluppo della Commander, Colt cominciò a interessarsi alle leghe leggere applicate ai revolver, dapprima con il modello compatto Colt Cobra, dotato di cartella laterale in alluminio ma telaio in acciaio, e poi, nel 1950, con il modello Aircrewman (foto sotto), sviluppato (e adottato) specificamente su richiesta dell’aeronautica, con telaio e anche tamburo in lega leggera. L’arma era in effetti leggerissima, ma era destinata a utilizzare una versione depotenziata del .38 special, non una a piena carica.
Appena pochi mesi più tardi, nel 1953, anche Smith & Wesson realizzò una versione con telaio e tamburo in lega leggera del proprio Military & Police, sempre per l’aeronautica statunitense, denominata M13. L’arma fu presentata sempre nel 1953 anche sul mercato civile con la denominazione di Military & Police Airweight, ma i problemi riscontrati con i tamburi in lega leggera suggerirono di passare, nel 1954, al tamburo in acciaio, lasciando il solo telaio in lega leggera. La denominazione fu modificata nel 1957 in Model 12 Airweight.