Il debutto ufficiale del Movimento animalista di Michela Vittoria Brambilla si schiera, ovviamente, contro la caccia. Cominciando il valzer dei numeri dati a casaccio
Il Movimento animalista, fondato pochi giorni fa a Milano dall’ex ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla sotto gli auspici dell’ex premier Silvio Berlusconi, mette ovviamente nel mirino la caccia e i cacciatori, sfoderando tra l’altro alcune affermazioni per le quali la Brambilla era già nota ma che, anche, erano state criticate per la poca aderenza alla realtà dei fatti. In occasione della prima direzione nazionale del movimento, la fondatrice ha spiegato che si tratta di una “forza trasversale e indipendente da qualunque altra formazione politica”, che secondo i sondaggisti potrebbe valere tra il 3 e il 5 per cento del “mercato elettorale”. "Oggi siamo qui per aprire la campagna elettorale – ha annunciato Brambilla – c'è chi dirà che è troppo presto ma noi siamo convinti di essere perfettamente in orario. Intendiamo schierare il nostro simbolo in tutte le competizioni sia nazionali, sia locali, fino al comune più piccolo d'Italia. Ci sono io, come ci sono esponenti dei Verdi e diamo rappresentanza a un mondo importante, a tutti i delusi delle politiche ambientaliste e animaliste di questo governo". Annunciando il nuovo movimento, tra l’altro, Silvio Berlusconi aveva affermato: "sono 7,5 milioni di famiglie che hanno un animale in casa, e sono la metà delle famiglie italiane". Forse, al buon Silvio sfugge che anche la maggior parte dei cacciatori ha uno o più cani, mentre alla signora Brambilla (e ai sondaggisti) probabilmente è sfuggito che il gradimento riservato ai Verdi li ha fatti scomparire dal Parlamento…
Il programma sulla caccia è chiaro: "Deve finire – sentenzia l'ex ministra – ci metteremo tanto, forse ci vorrà un referendum, ma in ogni caso bisogna ridurre questa benedetta caccia. Noi abbiamo diritto a passeggiare per i boschi senza che ci sparino. Riduciamola due giorni alla settimana, e rendiamo obbligatoria una visita di idoneità, perché questi cacciatori sono anziani, gli trema la mano: visitiamoli, vediamo in che stato sono". E ancora: "Alziamo la tassazione per il possesso delle licenze, ma soprattutto togliamo i fondi che il ministero elargisce ogni anno alle associazioni di cacciatori. Perché a loro i soldi e a noi no? Sto parlando di milioni".
La questione dei contribuiti è un vecchio cavallo di battaglia della Brambilla che, però, è già stato abbondantemente smentito dalla realtà dei fatti (leggi qui). Basta fare due conti da terza elementare: la tassa di concessione governativa annuale che pagano i cacciatori è pari a 173,16 euro. Calcolando che in Italia ci sono circa 850 mila cacciatori stimati, il netto in entrata delle casse statali è di 147 milioni di euro ai quali vanno ad aggiungersi le tasse regionali, mediamente attorno agli 80 euro, che incrementano ancora il contributo che i cittadini cacciatori versano in favore del sistema Paese. Se a questi milioni di euro di sola tassazione si aggiungono i 61 milioni di Iva movimentata direttamente dal settore armiero sportivo e civile (per la quasi totalità composto dal mercato venatorio) si arriva a poco meno di 300 milioni di euro di entrate per lo Stato. Ora, per quanto siano elevati (e non lo sono) i contributi a favore delle associazioni venatorie, anche un bambino capisce che sono solo una minima parte di quanto i cacciatori versano nelle casse statali. Be', come inizio non c'è male…