L’attenzione dei media si è focalizzata, negli ultimi anni, sulle armi realizzate con le stampanti 3D ma, a quanto pare, sono le ghost guns le armi che maggiormente stanno alimentando i crimini commessi con armi da fuoco negli ultimi mesi. Con il termine ghost guns si intendono quelle armi che vengono acquistate “a pezzi” per corrispondenza: le singole componenti sono di libera vendita perché risultano non completamente finite (normalmente sono finite all’80 per cento, il limite fissato dal Bureau of Alcohol, tobacco and firearms al di sotto del quale un componente fondamentale per armi non è legalmente definito tale). Le aziende che commercializzano questi “kit”, tuttavia, spesso forniscono direttamente le istruzioni per completare il componente direttamente a casa (in massima parte, le lavorazioni che mancano consistono in fori da eseguire con un normalissimo trapano a colonna) e le dime per centrare opportunamente i fori.
Rispetto alle armi realizzate con stampanti 3D a domicilio, che risultano spesso rudimentali e poco efficaci, le “ghost guns” sono invece caratterizzate dalla medesima efficienza e potenzialità offensiva di una qualsiasi moderna pistola bifilare, ma risultano del tutto sprovviste di contrassegni identificativi e non sono in alcun modo tracciabili. Sono, oggi, lo strumento offensivo preferito dai criminali e in generale da coloro i quali non potrebbero avere accesso legale a un’arma, per i precedenti penali o altri motivi ostativi. Risultano, anche, tra le armi illegali maggiormente utilizzate dai minorenni, in particolare nelle scuole.
Le statistiche relative agli ultimi 18 mesi hanno evidenziato che in città come Los Angeles, Oakland, San Diego e San Francisco, le ghost guns hanno rappresentato tra il 25 e il 50 per cento di tutte le armi recuperate sulla scena del crimine. Nella sola San Diego, dall’inizio del 2021 all’inizio di ottobre, il dipartimento di polizia ha sequestrato quasi 400 ghost guns, praticamente il doppio rispetto a tutto il 2020.
Il contrasto alla piaga delle ghost guns è uno dei punti dell’agenda dell’amministrazione Biden per la lotta ai crimini commessi con armi da fuoco: sono sempre di più, tuttavia, gli osservatori politici che accusano l’amministrazione di non aver ancora fatto nulla al riguardo. Forse uno dei motivi è determinato dal fatto che il “pacchetto” di misure previste dall’amministrazione Biden comprende anche misure fortemente avversate dall’opinione pubblica, come il famoso “buyback” per le carabine di aspetto militare e questo potrebbe portare alla paralisi anche di misure di buon senso, come quelle relative al commercio di “kit” di parti non finite che sta letteralmente insanguinando le strade americane.
C’è anche da dire che non è semplicissimo definire una legislazione ad hoc per porre fine a questo commercio illegale: in altre parole, non è così immediato definire in senso giuridico che cosa distingua la parte fondamentale d’arma dal semilavorato industriale e, comunque, le aziende specializzate in questo settore sembrano essere pronte ad aggirare velocemente le eventuali modifiche all’attuale stato di fatto. C’è anche da dire che, ormai, il quantitativo di componenti destinate ad assemblare le ghost guns circolante sul mercato è talmente elevato che, anche nel caso in cui si riuscisse a “chiudere i rubinetti”, il dark web potrebbe andare avanti per anni con quanto già venduto.