Il prossimo 13 febbraio, svizzeri alle urne per l’approvazione del progetto di legge “per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”, che prevede tra le altre cose l’obbligo per i militari di lasciare le armi individuali nelle caserme (oggi le custodiscono a casa).
Per il ministro della Difesa Ueli Maurer (in foto), “saranno sicuramente le donne a votare in maggioranza a favore di questo provvedimento, perché hanno meno dimestichezza con le armi”. Ma per il ministro, le armi “significano anche protezione e sicurezza. Migliaia di famiglie hanno dimostrato che si può fare un uso responsabile dell’arma militare tenuta in casa”.
Nel frattempo, un comitato interpartitico ha lanciato la campagna “No all’iniziativa sulle armi inutile e ingannevole”. Rappresentati nel comitato i partiti borghesi, che reputano che l’iniziativa non risolva i veri problemi, ossia l’uso abusivo e il traffico illegale di armi. Le misure, secondo il comitato, gettano un discredito generalizzato su soldati, tiratori e cacciatori, a cui si contesterebbe l’incapacità di maneggiare armi in modo responsabile. La legislazione svizzera, secondo Udc, Plr, Ppd e Pbd è già abbastanza severa.
Il comitato ha infine denunciato i costi “esorbitanti” dell’attuazione dell’iniziativa. Secondo il Consiglio federale, applicare l’iniziativa costerebbe 6,4 milioni di franchi, ai quali occorre aggiungere 11,2 milioni l’anno.
Tra i favorevoli all’iniziativa c’è invece lo psichiatra Thomas Reisch, secondo il quale è proprio l’elevata presenza di armi da fuoco nelle case svizzere a essere responsabile del tasso di suicidi elvetico, il più alto d’Europa. Secondo uno studio, nelle case svizzere ci sarebbero 2,3 milioni di armi, 200 mila delle quali d’ordinanza.