Anche il Tar Veneto sconfessa gli animalisti sull’articolo 9 della Costituzione

Dopo il Tar Lombardia, anche il Veneto respinge il ricorso delle associazioni animaliste sul calendario venatorio regionale, con particolare riferimento al (presunto) contrasto con il nuovo articolo 9 della Costituzione

Il Tar del Veneto, con sentenza 1043 del 2024, è tornato nuovamente (dopo il Tar Lombardia) a pronunciarsi sul ricorso che le associazioni animaliste avevano proposto nei confronti del calendario venatorio regionale, con particolare riferimento alla presunta sopravvenuta illegittimità dell’attività venatoria nel suo complesso, in relazione alla nuova formulazione dell’articolo 9 della Costituzione. I giudici hanno respinto il ricorso, argomentando che “La censura non è passibile di positivo apprezzamento, ritenendo il Collegio manifestamente infondata la questione di costituzionalità sulla quale si regge la doglianza. In considerazione del tenore letterale dell’art. 9, comma 3, secondo periodo, Cost., il Collegio condivide la tesi già formatasi in seno alla giurisprudenza amministrativa secondo cui tale disposizione ha natura programmatica e non immediatamente precettiva di imposizione di vincoli immediatamente cogenti. Infatti la norma si limita a prevedere una riserva di legge ordinaria sulle modalità di tutela degli animali da concretamente individuarsi sulla base delle scelte del legislatore statale (T.R.G.A. Trento, 30 settembre 2024, n. 144 e T.A.R. Milano, sez. II. 7 ottobre 2024, n. 2583). Ritiene quindi il Collegio che l’art. 9, comma 3, secondo periodo, Cost. non abbia introdotto un divieto assoluto di esercizio dell’attività venatoria, né di qualsivoglia altra attività che presuppone la soppressione degli animali, tra cui l’industria alimentare, quella conciaria e delle pelli, etc…  Se questa fosse stata l’intenzione del legislatore costituzionale ve ne sarebbe traccia nei lavori preparatori della L. Cost. n. 1 del 2022, ma così non è. Piuttosto, ritiene il Collegio che l’esercizio dell’attività venatoria sia compatibile con la Costituzione, tenuto conto della circostanza evidenziata da Federcaccia secondo cui l’attività dei cacciatori deve essere considerata nel suo complesso e per l’intero arco temporale di tutte le stagioni, anche di quelle in cui l’attività venatoria è interdetta a tutela della conservazione del patrimonio faunistico. Va anche tenuto conto che l’esercizio dell’attività venatoria rappresenta una parte della tradizione sociale e culturale italiana. Da questi punti di vista l’attività venatoria, complessivamente intesa, va considerata come un modo attraverso il quale si esplica la personalità di chi la pratica (spesso anche nell’ambito di compagini associative), e che come tale assume rilevanza sotto i profili di cui all’art. 2 Cost.. Intesa quale attività sportivo-motoria, la caccia sembra potere dirsi considerata dall’art. 33, ultimo comma, Cost., recentemente introdotto dalla L. Cost. 26 settembre 2023 n. 1, secondo cui “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”. Sotto il profilo della tutela dell’ambiente e della biodiversità e degli ecosistemi cui si riferisce l’art. 9, comma 3, primo periodo, va considerato che all’esercizio dell’attività venatoria sono connesse esternalità positive, derivanti anche da iniziative di cui sono parte le associazioni di categoria, tra cui la manutenzione di sentieri, la pulizia di boschi e radure, il contrasto al bracconaggio, l’affiancamento agli Enti preposti nel monitoraggio delle specie selvatiche e nel controllo e nel contenimento delle specie alloctone, invasive, dannose e pericolose. Rispetto alla caccia praticata nelle aziende faunistico venatorie, oltre agli aspetti del ripopolamento delle specie – anch’essi rilevanti dal punto di vista dell’art. 9, comma 3, Cost., assume rilievo la libertà di iniziativa economica considerata dall’art. 41 Cost.. Sotto il profilo del diritto europeo, qui da considerarsi alla stregua di parametro di costituzionalità del diritto nazionale in considerazione di quanto dispone l’art. 117, comma 1, Cost., assume rilievo l’art. 13 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (di seguito TFUE), secondo cui “Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale”. Da questo punto di vista, la tutela degli animali non può prescindere dal rispetto delle consuetudini e delle tradizioni culturali nazionali, tra le quali, come detto, va ricompresa la caccia. Ritiene inoltre il Collegio che l’interesse alla tutela animale, considerato dall’art. 9, comma 3, Cost., debba essere necessariamente bilanciato con i diritti personali e di libertà economica di cui sono titolari i cittadini e le persone umane (T.R.G.A. Trento, 30 settembre 2024, n. 144). Al riguardo, va tenuto presente che nel nostro ordinamento i valori fondamentali sono in rapporto di reciproca integrazione e vanno bilanciati tra loro (cfr. Corte Costituzionale, 28 novembre 2012, n. 264), in modo da evitare che nell’ordinamento emergano “diritti tiranni” tali da prevalere su altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette (cfr. T.A.R. Milano, sez. II, 7 ottobre 2024, n. 2583)”.