La sezione prima ter del Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto, con sentenza n. 06584 del 18 maggio (pubblicata il 3 giugno), il ricorso presentato da un cittadino contro il provvedimento di divieto di detenzione di armi della prefettura di Roma, dopo che al soggetto era stata notificata una denuncia da parte dell’ex fidanzata per il reato previsto dall’art. 612 bis del codice penale (atti persecutori).
Il ricorrente ha eccepito, oltre a vizi procedurali nell’emissione del provvedimento di divieto di detenzione delle armi, il fatto che non potesse “costituire motivo sufficiente la presentazione di una denuncia querela, senza cioè aver svolto un riscontro oggettivo delle accuse rivolte dalla ex fidanzata; peraltro, non risulta che l’istante abbia mai abusato delle armi detenute nonostante le detenga da molti anni”.
La corte, nel respingere il ricorso, ha osservato che “Sul punto, va premesso che, in tema di divieto di detenzione e porto d’armi o di revoca dei titoli autorizzativi, il potere discrezionale della pubblica amministrazione va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale sia sotto quello della coerenza logica e ragionevolezza, dando conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto è ritenuto pericoloso o, comunque, capace di abusi. Il pericolo di abuso delle armi, in particolare, deve essere comprovato e richiede un’adeguata valutazione non solo del singolo episodio, ma anche della personalità del soggetto sospettato, che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità, come in caso di personalità violente, aggressive o prive della normale capacità di autocontrollo (cfr, tra le altre, TAR Campania, Salerno, sez. II, 1 giugno 2017, n. 994; TAR Umbria, n. 97 del 23 gennaio 2017; TAR Basilicata, n. 261 del 26 maggio 2015).
A tale affermazione consegue, tra l’altro, che, considerato il carattere preventivo delle misure di polizia, non è richiesto che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso da parte del soggetto interessato, essendo sufficiente che – sulla base di elementi obiettivi – quest’ultimo dimostri una scarsa affidabilità nell’uso delle armi o un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni (Cons. Stato, sez. IV, 26 gennaio 2004, n. 238).
Analogamente, con riferimento alla revoca della licenza di porto d’armi ex art. 11 del R.D. n. 773/1931, la giurisprudenza non richiede un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne e risultando, perciò, legittima – nonostante non ricorra alcuna delle ipotesi direttamente descritte dalla legge – la revoca dell’autorizzazione in base al motivato convincimento dell’Amministrazione circa la prevedibilità dell’abuso dell’autorizzazione (TAR Puglia, sez. II, 29 agosto 2005, n. 3620).
3.2 Ciò premesso, risulta che l’istante è stato destinatario di una denuncia-querela per atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p. nei confronti della ex compagna, tenuti in più occasioni tra i mesi di gennaio e giugno 2014.
Si tratta di episodi che, stando alle condotte descritte nell’imputazione, danno il senso di un soggetto particolarmente aggressivo nei modi e nelle esternazioni anche verbali, con riferimenti espliciti anche alla possibilità di utilizzo delle armi; risulta, invero, in un’occasione, che l’istante, oltre ad avere colpito con pugni la ex compagna, l’abbia anche minacciata rivolgendo frasi del tipo “Esci e ti sparo”.
Ora, quello che emerge dalle varie condotte che si sono succedute nell’arco temporale di sei mesi circa è che il ricorrente, a causa di un disagio pure comprensibile derivante dalla fine di un rapporto sentimentale, ha assunto atteggiamenti e condotte di una tale pervasività, a tratti aggressivi, che hanno creato uno stato di ansia e di paura nella persona offesa, con ciò dimostrando una personalità priva di una normale capacità di autocontrollo, che, invero, giustifica un giudizio prognostico di sopravvenuta inaffidabilità, con particolare riferimento all’uso delle armi.
3.3 Ciò detto, il fatto che sia intervenuta nel novembre 2015 una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta remissione di querela non è di per sé sufficiente a far ritenere viziato il provvedimento impugnato.
Come affermato in precedenza, in ragione del carattere preventivo delle misure di polizia, non è richiesto che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso da parte del soggetto interessato, essendo sufficiente che – sulla base di elementi obiettivi – quest’ultimo dimostri una scarsa affidabilità nell’uso delle armi e/o un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni.
Nel caso di specie, invero, il ricorrente non ha apportato elementi tali da smentire la materialità dei fatti denunciati a suo tempo dalla ex compagna né ha assunto iniziative tali da far ritenere non veritiere le accuse mosse nei suoi confronti.
Ed invero, dalle stesse memorie depositate con riferimento al parallelo procedimento di ritiro della licenza di porto d’armi, l’istante, oltre ad una generica smentita delle accuse, aveva anche preannunciato contrapposte denunce nei confronti della ex compagna che, tuttavia, non si ha contezza – neanche nel presente giudizio – che siano state presentate.
A ciò si aggiunga che, dinanzi al GIP del Tribunale di Roma che ha pronunciato nel novembre 2015 la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta remissione di querela, il ricorrente ha “accettato” il ritiro della denuncia da parte della ex compagna, negato il quale si sarebbe dato avvio al processo per l’accertamento nel merito delle accuse.
Infine, la ex compagna, nel rimettere la querela, ha spiegato che la decisione – esternata dinanzi al GIP in data -OMISSIS-, ovvero un anno e mezzo circa dopo le condotte denunciate – era motivata dal fatto che quelle condotte erano cessate dopo la denuncia, con ciò confermando la materialità dei fatti commessi dal ricorrente.
3.4 Ciò posto, sempre ai fini della valutazione della legittimità del provvedimento, va precisato che la validità dell’atto impugnato va verificata al momento della sua adozione, non potendo a tali fini avere immediato rilievo fatti sopravvenuti come la remissione della querela da parte della persona offesa e la pronuncia di non luogo a procedere del giudice penale in quanto la decisione dell’amministrazione è stata adottata nell’ambito di un giudizio autonomo connotato da discrezionalità, sulla base degli elementi a quel momento a disposizione dell’autorità competente che hanno imposto una valutazione prognostica e in via di urgenza che, secondo quanto esposto in precedenza, non risulta inficiata dai vizi dedotti dall’istante”.