L’Umbria, insieme a Toscana e Marche, è sempre stata ritenuta una delle regioni più “venatorie” d’Italia. È tuttavia un dato di fatto che, secondo un recente articolo pubblicato da Umbria24, il numero dei cacciatori iscritti negli Atc della regione sia in forte diminuzione. L’Atc 3 è quello in minor flessione, ma segna comunque un meno 35 per cento dal 2010 a oggi, l’Atc 1 nello stesso periodo segna un meno 42 per cento, nell’Atc 2, dal 2001 a oggi, il calo è stato del 45 per cento. I numeri complessivi evidenziano che, a fronte di una presenza di oltre 44 mila cacciatori nel 2010, oggi sono rimasti circa 27 mila.
Emanuele Bennati, presidente regionale di Arci caccia, tra le ragioni di questo tracollo (e del progressivo innalzamento dell’età media per chi resta tra i praticanti) evidenzia il cambiamento della società degli ultimi quarant’anni, con un progressivo distacco dalle attività a contatto della natura, ma anche l’aumento degli hobby e delle possibilità legate a molte attività ricreative e dei giovani che a differenza del passato non possono più contare sull’esempio emulativo degli amici, per non parlare degli elevati costi e della complessità delle regole. “la caccia non è più attrattiva”, ha commentato, “neanche mio figlio di 15 anni la praticherà, ed è l’unico ad avere un padre cacciatore”.
Per Simone Petturiti, presidente regionale Federcaccia, il problema dei costi potrebbe essere superabile “con una forte motivazione e un’altrettanto forte passione: non è certo raro vedere persone con in tasca cellulari da 700 o 1.000 euro. E di sicuro esistono altri hobby ben più costosi”. Ad allontanare le persone dalla caccia sono più che altro “cambiamenti sociali importanti, ai quali aggiungiamo un’opera oserei dire persecutoria portata avanti da alcuni media e anche sui Social, che tendono a dare un’idea molto negativa del cacciatore. Questo di sicuro non aiuta ad avvicinare giovani”.